Sclerosi multipla, ecco come si potrà guarire

Una patologia che colpisce nel mondo milioni di pazienti

Luigi Cucchi

nostro inviato a Berlino

Sono 52mila gli italiani con sclerosi multipla che attendono la guarigione. Sperano in una nuova cura, in una scoperta scientifica che li faccia uscire dal tunnel della paura, dal rischio di venir colpiti, giorno dopo giorno, da disabilità progressive per poi accasciarsi su una sedia a rotelle. Oggi grazie all’impiego di terapie innovative si sono ottenuti importanti risultati: si è aumentata la sopravvivenza di questi malati e si è rallentata la progressione della malattia. Da pochi anni i pazienti colpiti da sclerosi multipla possono conservare una buona mobilità e riescono a camminare autonomamente. A Miami, al congresso della Società americana di neurologia sono stati presentati lo scorso aprile i dati preliminari di una ricerca durata 16 anni che ha dimostrato l'elevata sicurezza di impiego e l'ottima tollerabilità dell'interferone beta-1b anche nelle terapie prolungate.
La guarigione è però ancora una speranza. Questa malattia cronica del sistema nervoso centrale, che nel mondo è presente in 2-2,5 milioni di persone (500mila solo negli Stati Uniti), fu scoperta nel 1870. Da allora è rimasta una frontiera sconosciuta, una pagina della medicina mai scritta, un arcipelago misterioso nonostante i tentativi e le sfide compiute da tanti esploratori che hanno cercato di far progredire la conoscenza di come il cervello, il midollo spinale, le fibre nervose, comunicano tra di loro:non sappiamo cosa succede quando si interrompe questo flusso di informazioni. È solo sul finire degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta che le ipotesi teoriche anticipate da numerosi neurologi hanno trovato le prime conferme. È stato un fiorire di studi, di sperimentazioni: la ricerca farmaceutica è riuscita a compiere ulteriori passi avanti, ha compreso specifici meccanismi di azione, ha messo a punto principi attivi che riescono a contrastare l'evoluzione progressiva di questa malattia.
Joachim Friedrich Kapp, immunologo, 63 anni, dirige la Business Unit di Schering AG che si occupa a livello mondiale della ricerca, dello sviluppo e commercializzazione di farmaci innovativi per il trattamento della sclerosi multipla e di altre malattie autoimmuni, è tra più impegnati nella lotta alla sclerosi multipla. Coordina infatti le ricerche più avanzate in tutto il mondo collaborando con i più accreditati Centri di eccellenza per conoscere e combattere le disfunzioni del sistema nervoso centrale: a Basilea con il team di Kappos, a Londra con quello di Miller e di Polman, in Germania con il gruppo di Hartung, in Francia Edan, in Spagna Montalban. Sono questi studi nel mondo della genetica che hanno consentito di realizzare l’interferone beta, la prima arma terapeutica in grado di rallentare l’evoluzione progressiva della sclerosi multipla. Determinanti sono state le ricerche condotte dalla Schering, la società farmaceutica tedesca con sede a Berlino (26mila dipendenti, un volume di affari di 4,9 miliardi di euro nel 2004, oltre 919 milioni di euro investiti in ricerca lo scorso anno), conosciuta soprattutto per aver realizzato e diffuso nel mondo la pillola anticoncezionale ed i mezzi di contrasto per la diagnostica. In realtà questa società è all'avanguardia anche nella ricerca dei meccanismi di azione che caratterizzano numerose malattie autoimmuni. Kapp coordina la ricerca Schering in Germania e soprattutto negli Stati Uniti, dove a Richmond, in California, non lontano da San Francisco, centinaia di studiosi sono impegnati nell'area immunologica oltre che in quella oncologica.
Siamo nel 1993 quando negli Stati Uniti la Food and Drug Administration, il più importante organismo americano che vigila sulla sanità ed in particolare sul corretto impiego dei farmaci, autorizza per la prima volta un trattamento per la cura della sclerosi multipla con l’ interferone beta-1b , dopo aver riconosciuto che questa sostanza simile a quella presente nel nostro organismo, riduce l'evolversi della malattia e ritarda la progressione delle disabilità. Questa farmaco è stato ottenuto grazie allo sviluppo delle conoscenze avviato all'inizio degli anni Ottanta che hanno portato alla comprensione di alcuni meccanismi che regolano la risposta del nostro sistema immunitario, cioè delle difese. del nostro organismo. Un passaggio fondamentale che ha rilanciato lo studio sulle malattie autoimmuni: dal diabete all'artrite reumatoide, dalla malattia di Crohn all'epatite B e C.
«Le nuove cure per combattere la sclerosi multipla - afferma Stefano Collatina, medico, responsabile dell’area interferone beta-1b in Schering Italia - sono state individuate solo dopo che in laboratorio si è riusciti a sintetizzare proteine efficaci. È stata cioè identificata la sequenza genomica che consente la produzione della proteina e rende possibile trasportare una porzione di DNA da una cellula ad un'altra: di solito un batterio in grado di produrre grandi quantità della proteina con effetti farmacologici. È solo con l'ingegneria genetica che si è potuto produrre l'interferone beta -1b». Nel passato si impiegavano proteine animali, poi si è passati alle tecniche estrattive, poi alla sintesi chimica ed ora alle biotecnologie». «L'interferone beta -aggiunge Collatina - ha funzioni inibitorie e di stimolo. Inibisce infatti la produzione dei mediatori dell'infiammazione che portano al danno degli organi bersaglio. Nel caso della sclerosi multipla vengono danneggiate le cellule che compongono la guaina mielinica, cioè l'isolante che permette alle fibre del sistema nervoso centrale il passaggio degli impulsi elettrici attraverso i quali circola l’informazione. Stimola inoltre la produzione di sostanze attive nell'infiammazione e riduce la disponibilità delle proteine che facilitano il passaggio delle cellule infiammatorie (linfociti) che normalmente non sono presenti nel cervello e nel midollo spinale». Negli ultimi 5-10 anni i ricercatori hanno moltiplicato gli studi ed hanno fatto crescere sensibilmente le conoscenze neurologiche. Anche sul piano diagnostico si sono compiuti grandi progressi. La risonanza magnetica nucleare consente di effettuare diagnosi precoci e certe di numerose malattie neurologiche.
All’ottenimento di questi progressi scientifici hanno partecipato anche Centri di eccellenza italiani che studiano la cascata immunologica, un processo che si divide in mille rivoli che appaiono e scompaiono come nelle nelle grotte carsiche.
«La rete del nostro cervello (cellule e filamenti) ha dei collegamenti con il sistema immunitario.

Ci sfugge - ricorda Elisabetta Verdun, una neurologa ora responsabile scientifica per l’inteferone beta-1b in Schering - la comprensione di come i singoli componenti interagiscono. Non sappiamo come comunicano tra di loro e come, è possibile controllarli».

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