
Qualcuno nei giorni scorsi ha sussurrato dal Pd che Elly Schlein sarebbe contenta di avere 12 milioni e mezzo di «Sì», cioè punta su una vittoria nel quesito che però, visto che il centro-destra fa campagna per l'astensione, è lontana più di 11 milioni di voti dalla soglia del quorum necessaria per far passare i referendum di domenica prossima.
Per la verità la segretaria non si è mai esposta pubblicamente, ma quell'obiettivo è stato ricorrente negli ultimi giorni e non mai stato smentito. Un numero di per sé singolare, perché normalmente chi raccoglie firme per un referendum punta a far passare i quesiti e non ad un risultato da interpretare sul piano politico. Né la segretaria del Pd può contestare la scelta dell'astensione che in passato è stata legittimata da due presidenti della Repubblica (Napolitano e Mattarella, anche se quest'ultimo nelle vesti di vice-premier) e usata in alcune occasioni anche dalla sinistra. Non scherziamo.
C'è da chiedersi, però, che significato avrebbe la cifra dei 12 milioni e mezzo di «Sì». La cosa migliore è chiederlo ai parlamentari del Pd che incontri in Transatlantico. Ciò che colpisce è che ottieni sempre la stessa risposta. Matteo Orfini, ad esempio, si alambicca un minimo, poi cerca su ChatGPT il numero dei voti con cui il centro-destra ha vinto le ultime elezioni politiche e svela il segreto di Elly : «Loro ne presero 12 milioni trecentomila244, quindi, con 12 milioni e 500mila voti l'obiettivo è quello di superarli». «Io non te l'ho detto - ridacchia Piero De Luca - perché volevo che ci arrivassi da solo». Mentre Arturo Scotto osserva che si può essere allegri se si raggiunge «il 38-40% dei votanti».
Se questo è il piano, però, appare un po' paradossale. Se fissi l'asticella del voto a un livello che, comunque, non consentirebbe l'approvazione dei referendum, viene da chiedersi perché li hai promossi: hai scomodato tutto il Paese, hai speso una cifra di non poco conto per l'organizzazione (quello sulla giustizia del 2022 costò 110 milioni di euro) e alla fine ti accontenti di un maxi-sondaggio per dire che hai avuto più «Sì» dei voti che hanno portato la Meloni al governo? Tanto più che se usi quel metro di giudizio allora non è detto che quella cifra 12 milioni e mezzo sia un grande successo: in termini di voti assoluti, infatti, prendendo come riferimento le politiche, va detto che all'epoca i partiti che oggi dovrebbero comporre il campo largo, contando pure Renzi e Calenda, ottennero 13 milioni 435mila 322 consensi, cioè un milione di voti in più di quelli che l'8 giugno, a sentire i boatos, renderebbero felice la Schlein.
Quindi, a ben vedere, il significato politico è un altro: è una sorta di training autogeno per dire ai potenziali alleati che il «campo largo» può imporsi e, soprattutto, quale formula di «campo largo» può risultare vincente.
Ecco perché l'espressione di un politologo raffinato come Arturo Parisi, «i Referendum sono il congresso del Pd», è quanto mai felice.
Eh sì, perché vanno a confrontarsi due tipi di schieramenti diversi visto che i partiti della sinistra hanno posizioni differenti sui singoli referendum: ad esempio, su quelli del «jobs act» si è impegnata la sinistra radicale, identitaria, dal Pd ufficiale, ai 5stelle, a Fratoianni a Bonelli con l'appoggio della Cgil di Landini; hanno una posizione contraria invece, Renzi, Calenda e buona parte dei riformisti del Pd. È chiaro che se su questo quesito arrivassero 12milioni e mezzo di Sì alle elezioni politiche lo schieramento si presenterebbe con una formula molto caratterizzata a sinistra. Sui referendum per la cittadinanza, invece, sono della partita pure Renzi, Calenda e +Europa, mentre Conte ha dato libertà di voto ai suoi: se il voto dei centristi risultasse indispensabile per raggiungere la fatidica quota 12milioni e mezzo è evidente che chi a sinistra storce il naso rispetto all'idea di un'alleanza davvero larga dovrebbe ricredersi e assumerebbero più peso le componenti riformiste.
Risultato: l'esito
dei referendum incideranno non poco sulla linea del Pd e dell'intera coalizione di centro-sinistra. Come appunto un congresso. Un congresso - mi si perdoni la malizia - organizzato con il contributo di tutti gli italiani.