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Scontro sul Family Day, l’Unione si divide in tre

Rutelli: «Ognuno fa come gli pare, ma i ministri distinguano fra piazza e Palazzo». Fioroni: «Niente divieti, io vado». Diliberto: «Aberrante esserci»

Scontro sul Family Day, l’Unione si divide in tre

Roma - Esserci o non esserci. Il dubbio è sempre lo stesso e continua a investire i ministri del governo Prodi e le due anime del governo, quella cattolica e quella laica, incatenate in una contrapposizione frontale sullo sfondo del Family Day, la grande mobilitazione di piazza San Giovanni in difesa della famiglia. Il duello verbale, questa volta, va in scena durante il congresso regionale della Margherita del Lazio. Francesco Rutelli torna sulle polemiche degli ultimi giorni e ribadisce la sua idea a proposito della partecipazione dei ministri alle manifestazioni. Usa toni più morbidi. Ma la scintilla viene, comunque, riaccesa. «Manifestare o no, ognuno va dove gli pare» dice il ministro dei Beni Culturali.

«Il mio ragionamento non era rivolto alla tua augusta persona (dice rivolto a Beppe Fioroni) ma per sottolineare che c’è una differenza tra la politica e le responsabilità di governo. Un ragionamento che parte da un pensiero di Machiavelli che gli uomini hanno un’anima in piazza e una nel Palazzo». E facendo l’esempio di Vicenza e piazza Farnese, il leader della Margherita ribadisce che «era meglio che i ministri non manifestassero». Ce n’è anche per Letizia Moratti, perché un sindaco «non deve fare il capo popolo. Ritengo che chi governa debba trovare una sintesi perché rappresenta tutti. Non sono io che do sanzioni o pagelle. Ma io dico la mia idea che è quella, ovvero che è meglio non andare. Una posizione che appartiene alla normale dialettica. Anche io sono libero di dire la mia».

La replica del ministro dell’Istruzione arriva a stretto giro di posta. Fioroni sale sul palco e fa notare un semplice principio: che non possono esserci due pesi e due misure nel momento in cui si valuta la posizione di chi sceglie di scendere in piazza. «Io non ho il dubbio amletico se andare o no al Family Day. Chi ce l’ha evidentemente non ha altro a cui pensare. Se il governo stabilirà regole sulla partecipazione dei ministri alle manifestazioni, allora io le rispetterò. Se quelle regole non ci sono, caro Francesco - dice rivolgendosi a Rutelli -, io al Family Day ci vado perché non credo che la famiglia sia contro il centrosinistra». Fioroni, quindi, invita l’Unione a non lasciare il tema della famiglia alla Cdl e aggiunge: «A noi spetta di mostrare nei fatti che la famiglia può trovare nella Margherita, nel Partito democratico, nel centrosinistra un sostegno. Il tesoretto delle risorse extra vada per intero a sostegno delle politiche per la famiglia».

Una posizione ferma che incontra il plauso e la solidarietà dell’Udc che, con Luca Volontè, si schiera dalla parte del ministro. «Tutta la nostra solidarietà al ministro Fioroni per l’ostracismo che sta subendo dopo l’annunciata sua presenza al Family day» dice Volontè. «L’ideologia laicista colpisce tutti - sostiene - Fioroni venga alla marcia con la sua famiglia. Chi sospetta della nostra laicità, dopo aver vinto insieme la battaglia parlamentare sulla legge 40, dimostra solo totale assenza di memoria».

Chi si schiera con decisione contro la manifestazione è Oliviero Diliberto. Il segretario del Pdci, uno dei più assidui frequentatori delle piazze e di quei curiosi esercizi di «auto-contestazione» messi in scena dalla maggioranza di centrosinistra (vedi la manifestazione di Vicenza), giudica «aberrante» e «imbarazzante» che la sinistra vada al Family Day. A Genova per il congresso provinciale del partito, Diliberto commenta la scelta del Consiglio regionale della Liguria, dove l’Ulivo ha la maggioranza, che ha aderito alla manifestazione grazie al voto di Margherita e Udeur. «La scelta della Regione è aberrante e imbarazzante anche perché non ha senso dire che chi va alla manifestazione è per la famiglia e chi sostiene i Dico è contro.

I ministri non dovrebbero andare al Family day ma naturalmente ognuno è libero di fare quello che vuole».

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