da Londra
Ai tavolini di un bar di Venezia siedono un americano, un inglese e un veneziano. Non è una barzelletta, ma il sofisticato stratagemma elaborato da uno 007 del Times per scoprire che a girare tra bar e bancarelle nelle mete turistiche dItalia si rischia di prendere qualche fregatura. «Venezia smascherata» titola lazzimato quotidiano britannico in un lungo reportage in cui un inviato spiega come ha scoperto che nella città lagunare spesso i prezzi dipendono dal passaporto: ai turisti stranieri vengano praticati prezzi maggiorati rispetto ai locali.
Il tono dellarticolo, seriosissimo, è quello dellinchiesta sotto copertura. Evidentemente, le piccole (condannabili) furbizie di una parte dei commercianti di Venezia e delle altre città darte italiane, sono una realtà lapalissiana solo per i turisti italiani, che di solito tentano di dribblare le cosiddette trappole per turisti. Il viaggio-inchiesta tra negozi, alberghi e ristoranti del Times sembra invece scoprire il fenomeno per la prima volta e lo denuncia in tono indignato. Con uningenuità che fa presagire che agli inglesi si potrà continuare a vendere la Fontana di Trevi.
L'esempio tipico raccontato nellinchiesta è una colazione nello splendore di piazza San Marco. Tre clienti, tre nazionalità e tre conti differenti. All'americano il cappuccio con brioche costa 21 euro; all'inglese 14, al veneziano 7. Anche qui il racconto dellarticolo non coglie lironia della reazione degli avventori: il più arrabbiato dei tre per il conto troppo salato è proprio il veneziano che esclama: «Sembro forse un turista?».
Il problema del caro prezzi non è nuovo alla Guardia di finanza, che ha raccolto già 150 tra segnalazioni e denunce. Ma quanto seria, e diffusa, è l'abitudine di far pagare di più ai «forestieri»? I pareri sono discordanti. «È grave abbastanza da spingere le vittime a raggiungere la più vicina stazione di polizia e comporre una protesta ufficiale», risponde un comandante della Guardia della finanza, che preferisce restare anonimo, riferendosi a una coppia a cui un pranzo all'ombra del Campanile di San Marco è costato 348 euro. Un salasso inatteso, come quello pagato da alcuni malcapitati che per un viaggio in taxi da piazzale Roma a La Giudecca hanno visto lievitare la tariffa standard fissata dal Comune (80 euro) fino a 200 euro. Un aumento del 250% che non avrebbe fatto scandalizzare i vip che amano sempre di più Venezia, da Woody Allen a Charlize Theron, da François Pinault a Robert De Niro.
Questione di prospettiva, sostengono quelli che rifiutano l'idea di una città avida e spregiudicata. «Non aumentiamo i prezzi agli stranieri - assicura Cosmo Albrizzi, un cameriere veneziano -. Semplicemente sono abbassati ai residenti». Così uno spritz nello stesso bar a un inglese costa tre euro, un euro in più che a un veneziano. Ma oltre a controllare sempre i prezzi prima di ordinare, c'è poco da fare. Perché all'origine del malcostume - sostiene Francesca Bortolotto Possati, direttrice di Save Venice Inc. -, c'è soprattutto la natura del turismo di Venezia, sempre più del tipo mordi e fuggi. «Si tratta in prevalenza di visitatori di giornata - spiega Bortolotto Possati -. Solo lo scorso anno 540 crociere sono sbarcate in Laguna.
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