Scure dell’Antitrust sui trasporti Multe per 15 ex municipalizzate

Le aziende comunali e provinciali avevano formato cartelli per sbaragliare la concorrenza e monopolizzare i servizi locali

da Roma

La scure dell’Antitrust si abbatte su 15 importanti società di trasporto pubblico locale, controllate in gran parte da comuni e province amministrate dal centrosinistra. L’Authority presieduta da Catricalà, dopo due anni di istruttoria, sanziona il «grave» comportamento di Spa a capitale pubblico come Trambus, di proprietà del Campidoglio, «multata» per 2,2 milioni di euro, la torinese Gtt (1,9 milioni di euro), la veneziana Actv (1,5 milioni di euro) e l’Apm di Perugia (930mila euro), oltre ad altre undici aziende, per un monte sanzioni di 10 milioni di euro.
Società che per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato «hanno costituito macro-aggregazioni a valenza nazionale, per partecipare in modo coordinato alle gare per l’affidamento del servizio di Tpl, con l’esplicita finalità di limitare la concorrenza e proteggere l’operatore dominante già attivo in una certa area territoriale». Insomma, da Roma a Torino, da Venezia a Firenze, c’era un «cartello» tra le società di Tpl per tagliare le gambe ai concorrenti e ostacolare la liberalizzazione del mercato. Chissà se le amministrazioni «azioniste» erano all’oscuro di tutto.
Di certo le 92 pagine del provvedimento scoperchiano un sistema di «controllo» incredibile. In occasione di alcune gare, venivano costituite Ati (associazioni temporanee d’impresa) solo per aiutare la società che bisognava far vincere, e il «disinteresse per la gestione» degli altri partecipanti alle Ati, spiega l’Authority, «trova concreta conferma nelle partecipazioni meramente nominali alle società di gestione costituite a seguito degli affidamenti». Trambus, addirittura, scrive agli «alleati» per avvisare che «non parteciperà» alle gare di Savona e La Spezia. Semplice «cortesia», sostiene la Spa del Campidoglio. Un modo per favorire chi partecipava alla gara, replica l’Antitrust.
Gare falsate, dunque, in barba agli interessi che aziende che spendono i soldi dei cittadini dovrebbero tutelare, come il miglioramento del servizio all’utenza. Anche se poi gli operatori sanzionati «ricordano» di essere a capitale pubblico per difendersi nell’audizione finale, evidenziando che la sanzione «inciderebbe sul bilancio dell’amministrazione pubblica azionista e, quindi, sulla comunità locale di riferimento». Chiedono dunque di non essere «puniti» perché tanto poi a pagare saranno i cittadini.
A innescare il provvedimento è stata la denuncia all’Antitrust di una società inglese, la Terravision (che ha presentato un esposto sui fatti anche alla procura di Roma e alla Corte dei Conti), esclusa nel 2005 dalla gara da 188 milioni di euro per l’assegnazione dei «servizi aggiuntivi» di tpl del Campidoglio.

Tra i requisiti richiesti, il possesso nella capitale di due depositi di 15mila metri quadri. L’Apm di Perugia, poi aggiudicataria in Ati con altre due società, aveva speso un quinto del proprio fatturato per comprarne uno. Mesi prima che il bando venisse pubblicato. Solo preveggenza?

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