Politica

Se anche i francesi sono fannulloni

Come lavorare 35 ore al mese, cioè poco più di un’ora al giorno, ma con uno stipendio sicuro e dignitoso? Chiedetelo (...)
(...) ai francesi. Anzi, chiedetelo a mademoiselle Zoé Shepard, anti-eroina di Francia che con un libro-denuncia ha abbattuto il mito della pubblica amministrazione, uno degli ultimi in verità a tener gonfio il senso di grandeur dei cugini d’Oltralpe. Credevamo, convinti dal ministro Renato Brunetta, che la nostra macchina burocratico-amministrativa fosse la più ingolfata e costosa d’Europa, e invece si scopre che c’è chi sta peggio di noi. Parigi è davvero malmessa.
Tirando una vera bordata al proverbiale orgoglio francese, un’alta funzionaria del Consiglio regionale dell’Aquitania ha scritto, nascondendosi dietro il nom de plume Zoé Shepard, un “dario di bordo” che sotto la finzione (semi)romanzesca mette a nudo lo scandalo dei fannulloni di Francia, les fainéants. Retribuiti, per inciso, con uno stipendio medio di 40mila euro l’anno...
L’impietoso cahier de doléances s’intitola Absolument dé-bor-dée! - sottotitolo: «Come lavorare 35 ore in un mese» - e spiffera ai quattro venti come si possa vivere felicemente imboscati alle spalle dei contribuenti. Un coraggioso j’accuse scagliato contro la pigrizia e l’incompetenza dei suoi colleghi di non-lavoro, persi fra interminabili pause caffè e la compilazione di certificati medici fasulli: ossia lo spreco di tempo, soldi e risorse negli uffici della pubblica amministrazione, da sempre fiore all’occhiello dei francesi, ultimamente un po’ appassito. Il «pubblico» funziona bene (almeno così si diceva) ma meno di una volta, e soprattutto costa troppo. Tanto che il presidente Sarkozy ha deciso tagli pesanti: la macchina statale della Francia, che a parità di popolazione conta 5,3 milioni di dipendenti pubblici, quasi due in più rispetto all’Italia, verrà alleggerita di 100mila impiegati, in buona parte insegnanti e funzionari, ma anche circa 10mila tra poliziotti e gendarmi. C’è da immaginare che dopo la lettura del libro di Zoé, il governo centrale aumenterà le sforbiciate.
E ha le sue ragioni. A leggere quello che in patria è già stato ribattezzato «il diario della Bridget Jones d’Aquitania» c’è di che stupirsi. O da consolarsi, per noi italiani, noti fancazzisti. Zoé Shepard racconta l’enorme delusione professionale di una ragazza, oggi trentaduenne, entrata nell’amministrazione pubblica con tante speranze ma che non è mai riuscita a fare davvero quello per cui si era preparata. Che non ha avuto la possibilità di realizzare la propria «vocazione», cioè lavorare per lo Stato, inteso come simbolo della citoyenneté. E che si è sentita ogni giorno più frustrata del precedente. Ogni volta che tentava di darsi da fare, erano i suoi stessi capi a consigliarle di non esagerare, di non «affaticarsi» troppo, di rallentare. E così, Zoé si trovava a eseguire ordini senza senso, a compilare fascicoli inutili, a far parte di delegazioni «turistiche», a presenziare a interminabili riunioni senza obiettivi, sempre pensando quanto avrebbe potuto essere più utile altrove. «Una situazione deprimente», ammette. Una volta, confessa al vertice della disperazione (e della nostra incredulità), le hanno lasciato cinque giorni di tempo per cambiare il carattere tipografico di un documento, quando per passare da Arial a Times New Roman occorrono due clic di mouse, cioè cinque secondi, più o meno. «Un lunedì feci vedere una relazione al mio capo, che mi chiese di fargliela avere col carattere corretto per il venerdì». Si chiama settimana lunga. «In poche ore avevo finito il mio lavoro per tutto il mese», confessa Zoé Shepard, rendendo conto della propria esperienza come impiegata nella delegazione Affari europei e internazionali dell’Aquitania, dove sono impiegate trenta persone per fare... quasi nulla, secondo l’autrice dell’impietoso pamphlet. «Il lavoro era fittizio, non c’era niente da fare, e si passava il tempo su Facebook».
Zoé ha prima messo tutto sul suo blog, poi, togliendo nomi e luoghi riconoscibili, ha trasformato il materiale in un libro, che ha già venduto 10mila copie, e alla fine è stata scoperta e portata davanti al Consiglio di disciplina con l’accusa di aver «danneggiato l’immagine e l’onore del suo ufficio». Ora rischia il posto. Peccato che tutto questo sia successo in Francia. Da noi una così i sindacati l’avrebbero di certo fatta reintegrare.

Merde.

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