«Se archiviano i fascicoli faremo ricorso all’Aia»

«Se archiviano i fascicoli, ho pronto il ricorso alla corte internazionale dei crimini di guerra dell'Aja. Non esiste che una procura militare si ritenga incompetente sugli eccidi commessi dai partigiani nei giorni successivi al 25 aprile '45. Dopo che Padova apre tre fascicoli. Dopo che rigalleggia il decreto 194 firmato da Umberto II di Savoia il 12 aprile 1945».
L'ha presa a cuore la faccenda Marco Pirina, direttore del Centro Studi e Ricerche Storiche Silentes Loquimur di Pordenone. Che scova il decreto luogotenenziale, lo pubblica in suo libro e riapre una storia cancellata dalle amnistie. Perché il documento «riconosceva come forze belligeranti le formazioni partigiane autorizzate dai Comitati di Liberazione Nazionale e concedeva loro l'impunità fino all'occupazione del territorio italiano da parte del nemico. Finite le ostilità il riferimento è la Convenzione di Ginevra». Pirina ritiene ce ne sia abbastanza per far crollare il teorema delle amnistie. A Padova spedisce la storia dettagliata di alcuni episodi e il procuratore Sergio Dini apre tre fascicoli. Al tribunale militare della Spezia invece rallentano. Pare addirittura che non siano competenti. «Il procuratore Marco De Paolis mi ha spiegato che sta rubricando i fascicoli che poi trasmetterà alle procure ordinarie. Perché non riconosce come forze regolari né i partigiani né i combattenti della Repubblica Sociale Italiana. Eppure il decreto definisce i partigiani forze belligeranti. Che hanno ricevuto medaglie e riscuotono la pensione. E quelli della RSI non avevano divise e bandiere? E non sono stati riconosciuti prigionieri militari? Non li hanno portati forse a Coltano?». Pirina va a ruota libera. Ha parlato a lungo con De Paolis, ha cercato di spiegargli quella chiave di volta che dovrebbe spalancare nuovi scenari. «Il non riconoscere i partigiani è una scappatoia - insiste lo storico - Il procuratore mi ha detto che nell'accompagnatoria alle sedi competenti scriverà di atti efferati, quindi non soggetti a prescrizione. Ma i fatti descritti sono certamente perseguibili perché non soggetti ad amnistia. La sensazione è che si voglia passare la palla». Pirina riferisce della posizione contrastante fra Padova e La Spezia. E proprio sul decreto luogotenenziale, cui il procuratore Sergio Dini dà credito, «un dato importante dal quale non si può prescindere» ha dichiarato a Vespa nel libro «Vincitori e Vinti». E aggiunge che erano belligeranti «gran parte dei partigiani italiani, anche se da noi esistevano certamente formazioni molto meno regolari». E Pirina insiste: «ma questo decreto perché Umberto l'avrebbe firmato? Non credo certo per i fini amministrativi (pensionistici) cui fa riferimento De Paolis. Che non vuole andare avanti sul riconoscimento di partigiani come forze armate regolari. Li reputa soggetti estranei. Loro come i combattenti di Salò. Li mette sullo stesso piano. E questo è durissimo e lascia perplessi. Perché sembrrebbe che in Italia ci fossero a battersi gli alleati e i tedeschi. Gli altri erano solo bande irregolari». Lo storico di Pordenone non molla. Andrà a trovare De Paolis a fine novembre, perché rispetta le sue idee ma non le condivide: «Se i fascicoli vanno alle procure ordinarie, ricorro all'Aja. Sarà un procedimento lungo e costoso. Di mezzo c'è la dignità e la memoria di decine di uomini e donne. Non è importante la pena, ma il riconoscimento della colpa di chi ha commesso questi delitti efferati». Ti dice che le motivazioni belliche per gli episodi del maggio'45 non ci sono: «Gli assassinati a Molini di Voltaggio erano prigionieri».

Ti dice che se il tribunale militare ha le mani legate, lui le ha libere per un processo mediatico. Ti dice che ha decine di filmati girati sui luoghi degli eccidi con i testimoni che raccontano. Ti dice che ormai andrà fino in fondo.

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