Se i cinesi ci copiano anche la pizza

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Marcello D’Orta

I cinesi sono quasi numerosi come i napoletani.
Li trovi dappertutto, tranne che ai funerali dei papi.
Di recente sono stato a Bologna e ho prenotato un albergo a caso. Mi sono ritrovato in un quartiere che pullulava di compaesani di Mao Zedong.
C’erano ristoranti (appunto) cinesi, erboristerie cinesi, alimentari cinesi, bazar cinesi, librerie cinesi, empori cinesi, videoteche cinesi.
L’unico italiano in giro ero io, ma proiettavo sui muri un’ombra cinese.
Ritornato a Napoli col treno, mi ha accolto una piazza Garibaldi quasi più cinese che africana (il che è tutto dire).
Sulle bancarelle si vendeva di tutto: viagra, spade ritorte, erbe da masticare, statuette di porcellana, musicassette, binocoli, profumi, coltelli, occhiali, radio, borsette, pennelli, cinture, berretti, ombrelli, calcolatrici, orologi, penne, accendini, lampioncini, e riso di tutte e cinque le dinastie.
L’invasione dei prodotti cinesi a Napoli giustificherebbe Quattro Giornate nonviolente, e Quarantaquattro su tutto il territorio nazionale.
Noi non abbiamo nulla contro i cinesi, sia chiaro. Il loro numero è così alto da spaventarci e nello stesso tempo farci sorridere: l'ultimo censimento rivela che i cinesi sono uno stramilione di biliardoni, ma si prevede che fra dieci anni raggiungeranno il numero di tre meravigliardi più uno (il presidente si conta a parte).
Sospetto che la Grande Muraglia non l'abbia costruita un imperatore giallo, ma i popoli vicini alla Cina, allo scopo di tener dentro i cinesi, che se fossero usciti in massa (tipo stadio) li avrebbero schiacciati come formiche.
Dicevo: noi non abbiamo niente contro i cinesi, ma Pechino deve darsi una regolata sulle esportazioni in Europa e nel nostro Paese in particolare, prima che i rapporti diplomatici si incattiviscano.
Le cifre parlano chiaro: nel primo trimestre di quest'anno le importazioni dalla Cina in Europa di jeans, rispetto al 2004, sono aumentate del 1000% (quando si parla di Cina, i numeri sono sempre astronomici), quello dei pullover del 534%, dei pantaloni da uomo del 413%, delle t shirt del 164%, e così via.
Ora ci provano pure col vino (che però pare sia una mezza schifezza).
A quando la pizza Margherita e le canzoni napoletane cinesi?
La strategia di vendita è quella di mettere sul mercato prodotti a un prezzo notevolmente inferiore ai costi stessi di produzione (in gergo, tale scorretta procedura, si chiama «dumping»), determinando a lungo (a breve) andare il fallimento di tante imprese.
Il caos è totale se si pensa che a Napoli l'arte di arrangiarsi (e di adeguarsi alle nuove realtà) ne ha pensata una delle sue: il falso dei cinesi.


Si tarocca la merce cinese, e poi si applica l'etichetta «made in China».
Sono nato nel 1953, e perciò non ho vissuto il fascismo.
Ma davanti a quest'invasione di prodotti asiatici mi verrebbe da sospirare: «Quant’era bella l'autarchia!».

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