Domenica scorsa su questo giornale, a pagina 2, è stata pubblicata una foto di Sayyed Hassan Nasrallah diramata dallAnsa. Raffigurava il capo dei guerriglieri sciiti di Hezbollah con i diti indici perpendicolari al cielo. Il giorno seguente, a pagina 7, è apparsa unaltra immagine di Nasrallah, stavolta dellagenzia Reuters. Il leader libanese digrignava i denti e ripuntava lindice della mano destra verso lalto. Poiché appare assai improbabile che ce lavesse con lUnico che colà risiede, o col suo profeta Muhammad, pace e benedizioni su di lui, mi sono chiesto contro chi levasse quel dito Nasrallah. E ho dovuto concludere che non poteva che levarlo a beneficio dei fotoreporter occidentali che lo stavano riprendendo. Cioè contro chi guarda. Perciò contro di noi.
Limpressionante ripetitività del gesto non depone, ahimè, a favore dellaccidentalità del medesimo. Semmai dellintenzionalità. Voglio dire: Nasrallah innalza lindice per minacciarci. Non solo Nasrallah. Punta lindice, nei suoi farneticanti proclami videoregistrati, Osama Bin Laden. Punta lindice il suo vice Ayman Al Zawahiri, medico egiziano convertitosi al terrorismo planetario. Puntano lindice i tagliagole incappucciati vestiti di nero, col coltello alla cintola, prima deseguire le decapitazioni al grido «Allah u akbar», Dio è grande. Punta lindice il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad e, solo per fermarsi a Teheran, puntano lindice il capo spirituale Ali Khamenei e il «moderato» Mohammad Khatami, così come, prima di loro, laveva puntato layatollah Ruhollah Khomeini. Punta lindice Hassan Al Turabi, il leader religioso del Fronte islamico nazionale che ha fatto introdurre la sharia, la legge coranica, in Sudan.
Che sia un malvezzo tipico di chi ha una certa confidenza col divino? Non pare. Non puntano lindice i patriarchi ortodossi, i pastori protestanti, i monaci buddisti, i mistici indù. Non puntava lindice Pio XII, come peraltro sarebbe stato consono alla ieraticità del personaggio. Non lo puntava Giovanni XXIII, il «Papa buono» tutto pacifismo e comprensione. Non lo puntava Paolo VI, che pure arrivò a prendersela con Dio perché non aveva ascoltato la sua preghiera per la salvezza di Aldo Moro. Non lo puntava Giovanni Paolo I, gliene mancò proprio il tempo; ma poi, figurarsi, proprio lui, così timido. Ci volle la tempra polacca di Karol Wojtyla per vedere un pontefice con lindice fremente a mezzaria. Accadde il 9 maggio 1993 ad Agrigento, nella Valle dei Templi. Parole pronunciate di getto, nel sole infuocato del tramonto, che giustificavano quellammonizione da Dies irae: «Dio ha detto: Non uccidere. La mafia non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili. Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio».
Lunico indice della Chiesa, quello di carta che condannava al rogo le opere letterarie eretiche e licenziose, lIndex librorum prohibitorum, risulta abolito da 40 anni. Per il resto, rimangono nella memoria lindice del Creatore negli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, ma lì si tratta di un dito benevolo, portatore di conoscenza, proteso amorevolmente verso la mano inerte di Adamo, e la figura manzoniana di fra Cristoforo che affronta don Rodrigo alzando la mano sinistra con lindice teso, piantandogli in faccia due occhi infiammati e pronunciando il fatidico: «Avete colmata la misura, e non vi temo più». Al che il signorotto, dimostrando daver percepito appieno il cipiglio inquisitorio del suo interlocutore, se ne esce con laltrettanto memorabile: «Come parli, frate?».
Come parli, Nasrallah? Ecco, io penso che il capo sciita si comporti, senza saperlo, come fra Cristoforo nei Promessi sposi: «Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura», gli fa dire Alessandro Manzoni. Gli abbandonati da Dio siamo appunto noi, e a Nasrallah, e agli islamici in generale, non può più far paura questo Occidente imbolsito, sterile, pronto ad arrendersi a qualsiasi ideologia nella perniciosa convinzione che tutte le opinioni siano rispettabili, e dove, per citare Søren Kierkegaard, la nave ormai è in mano al cuoco di bordo: ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma quello che mangeremo domani.
Bisogna anche sapere che lindice, chiamato così proprio per la funzione di indicare, ovvio, ha avuto molti altri nomi nel corso della storia, e nessuno che ne richiamasse linnocuità: dito del grilletto, dito dellambizione, dito napoleonico, caposquadra, toccatore, dito del mondo. Fu persino chiamato dito del veleno, e per lungo tempo si ebbe cura di non utilizzarlo quando cera da fare una medicazione, onde scongiurare la morte subitanea del ferito. Questassurda credenza derivava proprio dal ruolo simbolico dellindice, inteso come spada o pugnale, e dunque pericoloso quanto i denti veleniferi di un serpente. Fra gli arabi, fra laltro, tendere lindice e batterlo contro le estremità delle dita dellaltra mano è un gesto osceno passibile di condanna a morte, giacché la persona offesa interpreta quel dito eretto come unallusione fallica e le cinque dita come gli uomini con i quali la propria madre ha fornicato. Insomma, equivale a dire «figlio di cinque padri», cioè figlio di puttana.
Quando limam di turno agita lindice contro gli infedeli è assai probabile che tutte queste simbologie gli siano ben presenti e che esse vengano avvertite, almeno inconsciamente, dalle fasce della popolazione musulmana più arcaiche o retrograde (cancellare la voce che non interessa). Lo dico senza offesa: in fin dei conti è stato Omar Camiletti, segretario del Consiglio islamico dItalia che fa capo alla Lega musulmana mondiale, nonché portavoce della Grande moschea di Roma, a spiegarmi un giorno quanto «sia arrogante, da parte del mondo occidentale, pretendere che società beduine nomadi-pastorali, come sono in prevalenza quelle islamiche, compiano modifiche del loro costume mentale in pochi anni quando in Europa sono occorsi qualche secolo e soprattutto due guerre mondiali».
Illuminante, in ogni caso, è ciò che scrive letologo e sociologo inglese Desmond Morris, lautore di La scimmia nuda, pervenuto allantropologia dalla zoologia, nel suo Il nostro corpo (Mondadori): «Nel linguaggio dei gesti lindice è il dito più attivo.
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
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