Se ne va la Tornabuoni signora della critica

C’è gente che si diluisce talmente tanto in ciò che fa, da finire con l’annullare i confini tra sé e il proprio mestiere. Quando La Stampa e L’Espresso (giornali per i quali scriveva) ieri hanno messo in rete sui propri siti le ultime recensioni cinematografiche di Lietta Tornabuoni, hanno messo in rete anche un brivido. A pochi giorni dalla morte (avvenuta la notte di lunedì al Policlinico di Roma per arresto cardiaco in seguito a una caduta) la grande signora del giornalismo italiano era andata a prendersi un po’ di sogni dal grande schermo con l’ultimo film di Clint Eastwood, Hereafter (sull’aldilà, commentando: «Pattina sul ghiaccio sottile, stavolta, Clint»), e con la pellicola di Olias Barco Kill me please del quale aveva scritto: «Affronta l’argomento rimosso per eccellenza della nostra epoca, la morte». Il caso, si dice. Ma il caso ci somiglia. E abbiamo la sensazione somigli ancora di più a chi è sempre stato lucidamente presente a se stesso e a tutto il resto. A chi gli effetti della vita, le parabole strane, le concatenazioni sorprendenti, ha passato i migliori anni a descriverli. Si firmava Lietta ma si chiamava Giulietta un nome e un diminutivo che parevano più due vezzeggiativi, pieni di una leggerezza femminile che lei, in quasi ottant’anni di vita (era nata a Pisa il 24 marzo 1931), si è in realtà concessa poco. Severa, ironica, rigorosa (anche politicamente), a volte flagellante. Ha scritto di tutto la Tornabuoni da quando aveva iniziato a fare la giornalista a soli diciott’anni. Si era anche sposata giovanissima e si era trasferita a Roma per seguire il marito. Non disdegnava servizi da cronista, si occupò del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro, perfino dell’attentato terroristico alla squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco del 1972.

Aveva attraversato epoche e giornali in sella al suo guizzo: da Noi donne al Corriere della Sera, passando per Novella e il mitico Europeo. Era nata da una famiglia aristocratica. E si è visto (si è letto...) per tutta la vita.

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