Lo ammetto. Non ce la faccio più a sopportare il razzismo dei «giusti». Mi irrita e annichilisce ogni possibilità di dialogo. Come si fa a parlare con chi è convinto che le sue opinioni sono l’unica verità? Perché è questo quello che sta accadendo. Non ci sono più le ideologie. La chiesa comunista è fallita, ma dieci anni dopo la fine del Novecento tutti quelli che hanno bisogno di una fede laica si sono ritrovati in una nuova religione, senza cattedrali. Non so come definirli. Non puoi neppure più dire che sono semplicemente di sinistra, perché non è quella la discriminante. So però che si sentono gli unici autorizzati a parlare di democrazia e continuano a dividere gli uomini in buoni e cattivi. Li chiamo antiberlusconiani, perché come tutte le chiese hanno bisogno di un nemico, di un demonio. Una volta abbattuto lui tutte le cose tornano a posto.
Gli antiberlusconiani non se la prendono solo con Berlusconi. È troppo semplice. Ripropongono invece la vecchia dicotomia dell’era ideologica classica. La differenza tra i buoni e i cattivi non è politica. È antropologica. Chi sta dall’altra parte non è un signore che su una questione o su un’altra la pensa in modo differente da te. È uno che ha qualcosa di losco. È un venduto o uno da commiserare, un vile o, massimo della pietà, uno che tiene famiglia. Ho letto su un blog di grillini perfino qualcuno che animato da pietà dopo un mio articolo si era messo in testa di recuperarmi come pecorella smarrita.
Allora, scusatemi, ma a tutti voi vorrei fare solo una serie di domande. Perché Elisabetta Tulliani è una martire e Elisabetta Gregoraci una poco di buono sposata con un cafone? Perché se Bondi scrive poesie è patetico e se Veltroni scrive romanzi è un’intellettuale? È davvero così profondo lo scarto artistico tra i due? Perché Fioroni è un democristiano rispettabile e Rotondi un dc venduto? Perché Floris è un professionista e Paragone un raccomandato? Perché D’Avanzo è uno che si fa un mazzo così sulle carte giudiziarie e Chiocci è uno che puzza di servizi? Perché Debora Serracchiani è una ragazza intelligente e Barbara Matera una velina? Perché Campi è il teorico della destra moderna e Veneziani un post fascista? Perché la Granbassi è una fiorettista colta e la Vezzali è meglio che pensi solo alle Olimpiadi? Perché se Tosi parla di Nord è razzista e se ne parla Chiamparino è attento alle esigenze del Settentrione? Perché Cacciari è un filosofo e Quagliariello non è un politologo? Perché Guzzanti prima era un fanfarone e ora è tornato ad essere il papà di Sabrina? Perché Bocca è un venerato maestro del giornalismo e Pansa un rincoglionito? Perché Nanni Moretti è un genio e Pupi Avati un malato di nostalgia? Perché Della Valle è un imprenditore e Briatore un arricchito? Perché Nanda Pivano sì e Oriana Fallaci no (e io stimo tutte e due). Perché Montanelli, dopo una vita da reazionario, è diventato santo sull’altare dell’antiberlusconismo? Mi fermo qui. Questo non è vittimismo. Promesso. È solo una suggestione, senza veleni, senza complotti, senza pregiudizi. Tutto nasce da una scena. I carabinieri che alle otto del mattino mettono a soqquadro una redazione. Questa. Li ha inviati la procura di Napoli, di gran fretta, come si fa quando bisogna incastrare dei delinquenti, con la certezza di trovare un dossier malandrino arma di ricatto contro la signora Marcegaglia, presidente della Confindustria. La prova era un’intercettazione che, per chi l’ha sentita, non assomigliava davvero a una pistola fumante. Non ha trovato nulla, perché non c’era nulla da trovare.
Quando nelle redazioni entrano le forze dell’ordine non è una bella cosa. I giornali non sono chiese, ma nella cultura occidentale c’è un senso di fastidio nel vedere lo Stato che rovista nei cassetti dei giornalisti. È una di quelle cose che colpisce al fegato la libertà di stampa. Un pm prima di ordinare un simile atto dovrebbe pensarci due o tre volte. Dovrebbe avere prove. Ma quello che stupisce è la reazione di amici, conoscenti, colleghi, parlamentari più o meno antiberlusconiani.
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