Di ciò che accade nelle piazze e nelle strade di ogni città sono testimoni, in apparenza silenziosi, i muri. Perciò, quando i muri di una città, dietro il cui silenzio e grigiore erano solite barricarsi le autorità, si trasformano in fogli bianchi sui quali i cittadini lasciano messaggi gli uni per gli altri, quando si leggono versi dove prima c'era squallore, quando improvvisamente i muri urlano, si indignano, esultano e filosofeggiano, allora si capisce che qualcosa in quella città è cambiato.
La prima volta che ho messo piede a Tunisi era l'agosto del 2010: ero lì per approfondire lo studio dell'arabo, ma imparai anche molte altre cose e conobbi i primi amici che, in parte, mi guidarono alla comprensione del Paese. Pochi mesi dopo sarebbe scoppiata una rivoluzione, ma io, in quel momento, ero già lontana. Tornai nel settembre del 2012 per rimanere un anno accademico: di nuovo per lo studio della lingua, ma anche per amore del Paese e dei suoi abitanti.
Per le scritte sui muri nutro un interesse particolare, tanto che lo documento da tempo, nella mia città come in tutte quelle in cui transito. Trovo siano un mezzo d'espressione particolarmente spontaneo, diretto e democratico. Val sempre la pena di fermarsi a leggere i pensieri lanciati nello spazio pubblico per gli sguardi curiosi dei passanti.
Ma ciò che mi si è parato davanti agli occhi a Tunisi nel 2012 avrebbe attirato l'attenzione di chiunque. Gli stessi luoghi che avevo visto spogli due anni prima, adesso erano completamente ricoperti di parole. Pensai subito che la novità fosse degna di nota. Prima della rivoluzione, una tale esplosione di voci sarebbe stata impensabile. Indubbiamente le scritte venivano cancellate dal regime, ma anche i cittadini, dal canto loro, non osavano. Un popolo abituato alla repressione e alla paura non si esprime, neanche di notte con la bomboletta spray. E poi a che pro, se nulla cambia?
Da qui la mia interpretazione che la comparsa delle scritte sui muri, in Tunisia, sia sintomo di un nuovo clima di libertà di parola, della precisa volontà di cittadini comuni di partecipare al dibattito collettivo e di un'urgenza di riappropriarsi degli spazi pubblici dal basso. La dimostrazione: il 99% delle scritte, lo si coglie a prima vista, ha contenuto squisitamente politico. In questo caso, il dibattito si sviluppa nello spazio più libero che esista, ovvero la strada; ma gli argomenti sono gli stessi discussi nelle case, a scuola, in assemblee costituzionali, sui giornali, in tv, nei negozi e nei caffè. Mi è capitato di sentire da tunisini che i graffiti siano, per loro natura, «impegnati». Forse è stato così in alcune epoche e contesti, ma forse quei tunisini non sanno che, da noi, spesso hanno perso la carica sovversiva per diventare pura decorazione o strumento per marcare il territorio. In Tunisia, invece, i muri parlano solo di attualità.
Inoltre, è interessante che il nuovo mezzo d'espressione sia sfruttato trasversalmente da tutte le categorie: non solo da giovani radicali, come istintivamente immagineremmo, ma anche da conservatori, islamisti, nostalgici del panarabismo e nemici dei sindacati e degli scioperi. Scrivono i colti e gli ignoranti, i benestanti e gli indigenti. Infine, punto non meno importante, le scritte tunisine sorprendono per originalità e ricerca stilistica, per sagacia e potenza drammatica. Durante la mia permanenza, aveva preso forma un archivio. Quando, tornata in italia, presi a esaminare le decine di frasi raccolte, pensai che fornissero un ottimo riassunto del periodo, con le sue complessità, le sue contraddizioni e i suoi punti interrogativi (...). Così nacque l'idea di pubblicare le foto, tradotte e commentate, come documenti storici di un periodo particolarmente rilevante: la cosiddetta transazione, appunto, dalla rivoluzione del gennaio 2011 alle elezioni dell'autunno 2014. (...) Una documentazione delle reazioni che i diversi avvenimenti hanno suscitato nella società civile giorno dopo giorno. Una documentazione della vita politica del paese direttamente dalla strada. (...)
Quanto allo spazio in cui mi sono mossa, si tratta della capitale del paese, e in particolare nei suoi quartieri centrali, per quanto le periferie non manchino. Solo laddove i gruppi di writer abbiano operato sia a Tunisi sia in altre città, ho incluso contributi realizzati fuori dalla capitale.
*autrice di «I muri di Tunisi,
segni di una rivolta»
editore Exorma
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