Che storia, quella di Jack Savoretti. Intanto è al numero uno in classifica in Gran Bretagna con un disco che profuma d'altri tempi, quel Singing to strangers nel quale canta anche un testo inedito di Bob Dylan (Touchy situation). Neanche due mesi fa è passato al Festival di Sanremo con gli Ex Otago, con i quali ha appena registrato una nuova versione di Solo una canzone. Ed è uno dei golden boy della canzone d'autore inglese, visto che The Guardian ha definito il suo disco «una lussuosa nuvola di sofferto romanticismo», Bruce Springsteen e Neil Young lo hanno voluto nei propri concerti e lui chiuderà il suo tour con uno show sold out nientemeno che alla Wembley Arena di Londra. «Ma io sono cresciuto ascoltando Tenco, Battisti, Dalla» spiega in perfetto italiano raccontando la sua storia. Suo padre è di Genova e, se Jack è nato a Westminster cioè a Londra, è tutta «colpa» delle Brigate Rosse, proprio così. «Mio papà Guido fu testimone della loro rapina a una banca (probabilmente la Popolare di Novara l'11 aprile 1978, ndr) e raccontò agli inquirenti quanto aveva visto». Insomma, come dice lui sorridendo, «aveva 19 o 20 anni, si sentiva come John Wayne o Charles Bronson e voleva cercare giustizia».
E poi?
«E poi lo misero sotto scorta per un bel po', diciamo due anni».
Ma lui che lavoro faceva?
«Era un mediatore marittimo ma voleva diventare attore, anzi aveva già recitato in due film, La Madama di Duccio Tessari del 1976 con Christian De Sica e Zorro con Alain Delon, dove però diceva solo una battuta: Dov'è la chiave?. Ancora adesso, quando lo voglio prendere in giro gli chiedo dove sia quella chiave...».
Ma cosa c'entra la Gran Bretagna?
«Mio nonno Giovanni, che fu uno dei partigiani che aiutarono a liberare Genova dai nazifascisti e poi si avvicinò alla Democrazia Cristiana prima di lasciare la politica, gli consigliò di non rischiare e di andarsene via, lontano dall'Italia per mettersi al riparo dalla vendetta dei brigatisti che lo avevano visto in faccia».
Gli anni di piombo.
«E così papà arrivò a Londra».
Nuova vita.
«Per un po' ha fatto il gundùn, come dicono a Genova, ossia se l'è goduta. Poi ha conosciuto mia mamma, che faceva la modella e aveva parecchi amici musicisti, tra i quali Keith Richards dei Rolling Stones».
Quindi Jack Savoretti aveva la musica nel destino.
«In realtà volevo fare il calciatore».
Non sempre si raggiungono gli obiettivi.
«A tredici anni mi è venuto il bisogno per la musica. E i miei genitori sono sempre stati dalla mia parte, anche se musicalmente non vanno d'accordo. A mia mamma piace di più il soul alla Marvin Gaye, mio padre è per Kris Kristofferson o Battisti».
Cosa dicono che Jack ora è al primo posto in classifica (e in Italia è nella top 20)?
«Beh mio padre è rimasto senza fiato».
E lei?
«Beh, non era parte del mio piano finire al primo posto in classifica, per di più sopra Tom Walker (noto qui da noi per il duetto con Mengoni in Hola, ndr). Io comunque non ho mai avuto fretta».
Questa è bella, e perché?
«Perché non è decisivo piacere subito a tutti. Bisogna aspettare. Per capirci, se suoni sempre nello stesso posto, alla prima volta ti applaudirà qualcuno. Alla seconda volta qualcuno in più e via così».
Sempre stato così saggio?
«Ora ho trentacinque anni ma, anche musicalmente, ho dovuto crescere e maturare. Prima mi sono perso paragonandomi a identità musicali più forti di me. Stavolta ho deciso di presentarmi per quel che sono: un italo-inglese che ama certe atmosfere romantiche e un tipo di musica passionale».
Dice poco. E Bob Dylan?
«È stato molto più semplice di quanto ci si possa immaginare. Vorrei avere una storia fantastica da raccontare ma non è così. Il mio manager ha saputo che c'erano dei testi inediti di Bob Dylan scritti negli anni Novanta e glieli ha chiesti. Ci hanno mandato un pezzo corto da rielaborare e un testo più lungo che avrebbe potuto essere usato tutto. Ho scelto quello, ho scritto la musica e ho avuto l'ok per pubblicarla. Facile no?».
E sua moglie, l'attrice Jemma Powell alla quale ha dedicato il disco Sleep no more del 2016?
«Anche per questa canzone è stata decisiva. Quando mi ha visto che componevo la musica con la chitarra, mi ha detto: Ma mica vorrai diventare uno che fa la copia di Bob Dylan con la chitarra?. Così sono passato al piano e così è nata Touchy situation».
La canterà anche dal vivo nel tour che parte il 16 aprile da Padova?
«Se capita, sì. Ad aprire i concerti per me ci sarà Afra Kane, una prodigiosa italo-nigeriana».
Magari la verranno a trovare anche i
suoi conterranei (da parte di padre) Ex Otago.«A me piacciono moltissimo le collaborazioni. E poi loro hanno anche un altro merito: mi hanno fatto innamorare del Festival di Sanremo, prima lo ero molto meno...».
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