«Se vogliamo vincere, diamoci una mossa»

Presenti in sala anche il vicepresidente di Legacoop, Pontiggia, e il segretario diessino Rasetto

«Se vogliamo vincere, diamoci una mossa»

(...) alzando nettamente la quota di decibel che esce dagli amplificatori. E aggiunge, subito dopo, quando la gente in sala comincia a risvegliarsi dal torpore e a capire che non siamo al seminario di autostima della Regione: «Corriamo il rischio di adagiarci, e diventare uomini di palazzo - insiste il presidente del Copaco, il comitato parlamentare sui servizi segreti -. Insomma: non interpretiamo il sentimento degli elettori». Gli eletti nelle istituzioni locali sentono fischiare fortemente le orecchie, si riassestano le membra sulle poltroncine, si scambiano sguardi tra il sorpreso e lo sconcertato. Ce n’è ben donde: «Ma tu, l’hai mai sentito parlare così?» mormora qualcuno nelle file di retroguardia, confidando nel brusio generale. Eppure Scajola mica ha finito di bacchettare: in un congresso cittadino che le Cassandre di maniera avevano già da tempo bollato spregiativamente come «congelato, precotto e stracotto», arriva lui e scompiglia le carte. Intanto si presenta per tempo e prende posto sul palco a contatto di gomito col senatore Luigi Grillo. Eccoli, i due «cavalli di razza» di Forza Italia, uno accanto all’altro, a dimostrare anche scenograficamente, di fronte ai delegati e all’intero popolo degli azzurri, che un conto è la dialettica mai sopita (anzi...), un altro conto la strategia che va condivisa nell’interesse superiore. Grillo ascolta, annuisce, applaude. Deve intervenire al pomeriggio, mentre Scajola si riserva l’esordio effettivo. Parla dopo i saluti del coordinatore regionale Michele Scandroglio - «Comincia oggi la nostra campagna elettorale per cambiare Genova, la Liguria e il Paese» - e del commissario metropolitano Roberto Cassinelli, che con molta emozione rifà la storia dei due anni di mandato, dei risultati ottenuti, e si ricandida alla guida del partito in città. Gliene rende merito, l’onorevole Scajola. Ma già dalle avvisaglie si capisce che l’ex ministro del governo Berlusconi non ha nessuna intenzione di indulgere all’accademia.
Difatti. Parla a braccio, e comincia con un’esortazione a Cassinelli che è una specie di sveglia: «Bravo. Fin troppo gentile, direi. Noi però dobbiamo essere moderati nei modi, ma fermissimi nei principi». L’assemblea aveva appena salutato gli ospiti esterni, Claudio Pontiggia (vicepresidente Legacoop), Sergio Rossetti (segretario della Margherita), Victor Rasetto (leader cittadino dei Ds). E lui: «Sono d’accordo che ci siano. Si tratta di interlocutori importanti, giusto riservare un’attenzione significativa. Ma facciamo anche emergere, per favore, la nostra diversità dalla sinistra! E prepariamoci anche noi a manifestare in piazza, naturalmente in maniera composta, senza far paura a nessuno». A proposito: la prima manifestazione potrebbe essere quella contro «Telekabul, Rai 3 regionale - attacca Scajola, in crescendo rossiniano -. Mistifica la realtà, come nel caso dei meriti al raddoppio della ferrovia nel ponente attribuiti falsamente a Prodi e Burlando. Su questo, sia chiaro, sono pronto a montare una caciara a Roma». Parole? Macigni! Ma l’epilogo è tutt’altro che una frana: «Abbiamo bisogno non di furbi, ma di intelligenti. Abbiamo bisogno di essere più presenti, più attivi, più coraggiosi. Abbiamo bisogno di stare di più in mezzo alla gente.

Altro che riunirci in cabine telefoniche, o in salette di teatro». Solo così, conclude forte e chiaro, «possiamo riproporci alla guida del Paese». Qualcuno in sala si spella le mani, qualcun altro si lecca le ferite. Tutti, invece, capiscono il messaggio: «Datevi una mossa».

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