Sei regioni congelano i fondi per i "nido"

Dal 2007 lo Stato ha stanziato quasi mezzo miliardo, ma Toscana, Campania, Basilicata, Calabria, Val d'Aosta e Bolzano non hanno ancora emesso i bandi

Sei regioni congelano 
i fondi per i "nido"

Roma - La costruzione di nuove infrastrutture in Italia ha sempre rappresentato un problema negli ultimi anni. Ma c’è un dettaglio sconosciuto: se le proteste dei cittadini hanno avuto buon gioco su Tav e rigassificatori, agli enti locali si possono imputare non minori responsabilità.

È il caso degli asili nido: interventi infrastrutturali di portata minore ma ugualmente importanti per il miglioramento della qualità della vita. La Finanziaria 2007 ha concesso finanziamenti alle Regioni per 340 milioni di euro, la manovra per l’anno in corso li ha rinnovati assegnando ulteriori 117 milioni. Ma, denuncia l’Ance (associazione nazionale dei costruttori edili), gran parte dei fondi disponibili ancora non si sono tradotti in bandi di gara. In particolare, sei Regioni non ne hanno ancora disposto la pubblicazione. Si tratta della Calabria del governatore Loiero, della Campania bassoliniana, della Toscana, della Basilicata, della Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano. Ci sarebbe stata anche l’Emilia Romagna guidata da Vasco Errani ma si è «salvata in calcio d’angolo» pubblicando di recente alcuni bandi.

«Forse non avevano bisogno di un piano straordinario per gli asili nido», ha commentato il presidente Ance, Paolo Buzzetti, che ieri ha presentato l’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni in Italia. Il settore, che in Italia occupa circa 2 milioni di persone (8,4% del totale), ha chiuso il 2007 in leggera difficoltà: gli investimenti in costruzioni sono aumentati dell’1% su base annua a quota 152,6 miliardi di euro (8,9% del Pil) e per l’anno in corso è attesa un ulteriore arretramento del tasso di sviluppo (+0,6%).
La frenata è dovuta soprattutto alla difficile situazione delle opere pubbliche (-2,9% annuo gli investimenti l’anno scorso). È il riflesso di un trend negativo: nel decennio 1998-2007 l’Italia ha speso per infrastrutture 120 miliardi di euro in meno rispetto alla media dell’Unione europea. Si tratta di una cifra che corrisponde a 4 linee Tav Torino-Milano-Napoli, a 20 ponti sullo Stretto, a 40 linee Metro C per Roma, a 14 autostrade Salerno-Reggio Calabria.

Il paradosso, tuttavia, non è di semplice soluzione: aumentare le risorse disponibili non è sufficiente, è necessario anche snellire le procedure burocratiche. Gli asili nido ne sono un esempio perché le Regioni non hanno approvato i piani straordinari che le avrebbero consentito di disporre dei finanziamenti stanziati. Anche quello che accade con i fondi Anas è esplicativo. Il Contratto di programma 2007 è stato approvato lo scorso 17 dicembre e si è iniziato a pubblicare i bandi relativi all’anno scorso praticamente nel 2008. Per l’anno in corso, invece, si attende che la Corte dei Conti registri il Contratto approvato il mese scorso.

Ma l’Italia è così, dice Buzzetti, «nessuno è responsabile di alcunché e nessuno paga». Non c’è quindi da meravigliarsi se la realizzazione di un’opera pubblica di valore superiore a 50 milioni di euro duri in media 100 mesi, ossia circa 8 anni e mezzo. Nella fase di progettazione si perdono quasi cinque anni tra valutazioni di impatto ambientale e varianti. «In Italia - aggiunge il presidente Ance - ci vuole più democrazia perché i cittadini non possono partecipare ai processi decisionali ma possono bloccare le opere. Bisogna fissare tempi certi per la discussione e poi partire».

Ma l’industria delle costruzioni «vive» anche di edilizia residenziale, un altro tasto dolente. La crescita del comparto (+1,6 annuo nel 2007 a 83 miliardi) è trainata dalle ristrutturazioni che godono di un bonus fiscale del 36 per cento e del 55% per gli interventi di risparmio energetico. Ma anche qui lo Stato tende ad eclissarsi giacché non sono state messe in atto politiche per contenere il disagio abitativo.

La ricetta Ance si articola in pochi punti: edilizia sociale, programmi misti per la vendita e l’affitto a canone sostenibile e, infine, tassazione separata dei redditi da locazione per aumentare l’offerta e far emergere l’evasione.

Può uno Stato che non riesce a costruire asili nido pur avendo fondi a disposizione riuscire a risolvere questi problemi? Il governo dovrà rispondere.

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