«Sei troppo occidentale». E il padre la picchia alla fermata dell’autobus

da Reggio Emilia

Voleva solo lavorare, non chiedeva altro. I genitori non glielo permettevano, sono arrivati a picchiarla con calci e pugni alla fermata dell’autobus, riportandola a casa. Lei voleva lavorare per raggiungere una indipendenza economica e magari lasciare al più presto la famiglia che non le permetteva di occidentalizzarsi. Una storia di violenza, fatta di silenzi e sopraffazioni.
Una marocchina di diciannove anni ha denunciato i genitori per maltrattamenti in famiglia e violenza privata in concorso.
«Mi ero trovata un lavoro - ha detto ai carabinieri di Reggio Emilia -, i miei, da buoni musulmani, mi hanno detto che non potevo lavorare».
Lei è nata nella città emiliana, i genitori risiedono qui da oltre vent’anni, eppure sono il massimo dell’intransigenza. Ha una sorella minore, di 17 anni, che fortunatamente non risulta ancora essere entrata nel mirino dei genitori. Anche la mamma è contro la diciannovenne, tant’è che pochi giorni fa era stata complice del marito nell’aggressione alla figlia, inscenata davanti a diverse persone, sbigottite. In precedenza c’erano già stati episodi di soggiogazione della ragazza, la molla che l’ha spinta a rivolgersi ai carabinieri è stata quando i genitori l’hanno portata via con la forza, impedendole di andare al lavoro. Lei aspettava il bus, la mamma la teneva ferma e il padre infieriva. L'hanno caricata in macchina, qualcuno dei testimoni ha dato l’allarme e la giovane ha trovato la forza di raccontare tutto. Dapprima si è rifugiata a casa di un’amica, adesso è ospite di conoscenti, fuori provincia. Può stare tranquilla, non corre più rischi di vessazioni, in attesa che i genitori, marocchini che rifiutano di modernizzarsi, siano interrogati dai carabinieri.
Il padre ha 57 anni, la madre 48, neanche dall’amica che le aveva offerto la sua casa avevano smesso di perseguitarla. «Rimandala a casa - le hanno detto -, è nostra figlia, non hai diritto di tenerla con te».
Più o meno la stessa preghiera l’avevano rivolta al datore di lavoro. «Licenziala, vogliamo che resti a casa, non abbiamo bisogno dei tuoi soldi». Era troppo emancipata nei vestiti, nel modo di vivere, il padre padrone ma pure la madre le contestavano qualsiasi novità.
«Questa ragazza - commenta l’onorevole Isabella Bertolini, del direttivo Pdl alla Camera - è l’ennesima vittima del fondamentalismo islamico. Casi di questo tipo si moltiplicano ogni giorno in Italia. Decine e decine di giovani che cercano realmente di integrarsi vengono ricacciate nell’ombra e nell’isolamento dall’oscurantismo e dal fanatismo religioso».


La parlamentare di Modena presenterà una interrogazione sul caso della marocchina di Reggio. «Occorre comprendere la gravità e l’estensione del fenomeno per intervenire con efficacia e fermezza, per garantire dignità e libertà alle vittime di queste violenze».

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