D io salvi almeno la Regina, visto che il calcio britannico lha buttato a mare e lha lasciato affogare senza pietà. LInghilterra è fuori dalla fase finale dei campionati europei 2008. Ha raggiunto i cugini di Scozia, Galles, Irlanda e Irlanda del Nord. Bene. E dovè la notizia? LInghilterra, a livello di nazionale calcistica, non è mai stata una potenza. Ha vinto soltanto un mondiale giocato in casa sua, nel 1966, e grazie al gentile contributo degli arbitri. Poi mai niente, a parte due Olimpiadi che si perdono nella notte dei tempi: 1908 a Londra (guarda caso) e 1912 a Stoccolma. Eppure in Inghilterra è lutto nazionale. Titoloni, ora ironici, ora tragici, a tutta pagina. Perfino lintervento del primo ministro Gordon Brown. «È una delusione terribile». Si faccia coraggio mister Brown, a Downing Street ne vedrà di peggio.
Ma non sono soltanto gli inglesi a dare tanto rilievo allesclusione. Anche noi italiani abbiamo riservato grandissimi spazi allavvenimento. Ma, se non cè notizia, perché lo abbiamo fatto? Probabilmente perché nei confronti del calcio inglese abbiamo una specie di inferiority complex speculare al superiority complex di cui è da sempre vittima il calcio britannico. Ricordate il terrore delle squadre italiane quando nelle coppe affrontavano avversari inglesi? Noi, tecnicamente assai più forti di loro, restavamo bloccati, quasi paralizzati dalla paura di un football più primitivo che elementare: palla lunga e pedalare. Correvano come forsennati, erano grandi e grossi il doppio di noi, non si stancavano mai e, soprattutto, non si davano mai per vinti. Anche allora, però, quando pure le squadre di club vincevano coppe a mani basse, a livello di nazionale combinavano poco e niente.
E visto che nazionalismo e senso della Patria da queste parti non possono essere messi in discussione, forse il mistero dello scarsissimo rendimento della squadra di Sua Maestà, è racchiuso proprio in quel complesso di superiorità che li porta a snobbare gli avversari, dai piccoli, come la Croazia, ai più nobili.
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