Raggiungere il successo è una legittima aspirazione umana, e poiché sappiamo che per avere qualcosa di un certo valore è necessario pagare un prezzo, ecco che bisogna fare due conti con se stessi e con il senso che si crede di dover dare alla propria vita. Ossia, secondo il vecchio detto, si deve valutare se il gioco valga la candela. Certo, i conti con la vita anche se si fanno e rifanno mille volte non tornano mai, tuttavia si può almeno avere la soddisfazione di averci provato.
Essendo uomo intelligente, Massimo Ranieri quei conti li avrà sicuramente fatti e la somma risultata lo deve aver anche soddisfatto. Il successo ha, appunto, un prezzo e lui lha pagato: ha rinunciato per la carriera a fare il padre e crescere la propria figlia.
Trovo inutile giudicare lartista ormai di fama internazionale perché, per non essere superficiali, bisognerebbe conoscere a fondo la storia personale di Ranieri. Ma se è difficile giudicare lorigine del fatto, non altrettanto è lesito conclusivo della vicenda. Lorigine è labbandono di una bambina: da un punto di vista generale trovo la cosa vergognosa, dal punto di vista specifico, cioè quello relativo alla storia dellartista Ranieri che abbandona la propria figlia, spero per lui che abbia motivazioni un po più ragionevoli di quelle che ci raccontano le cronache. Daltra parte il cinismo per raggiungere il successo non è cosa rara e scandalizzarsi è da anime belle che chiudono gli occhi di fronte alla realtà. Realtà certamente deprecabile, che però non si cambia con un sopracciglio alzato in segno di disgusto.
Mettiamo insieme due fenomeni semplici ed evidenti. Il primo: una società che esalta ed esaspera il successo come condizione necessaria per uscire dalla mediocre e anonima esistenza; il secondo: un individualismo sfrenato che mette davanti a tutto la gratificazione di se stessi e la soddisfazione dei propri desideri. Non è difficile allora comprendere che molti sono disposti a pagare qualunque prezzo pur di raggiungere qualunque successo, senza neppure porsi la celebre questione se il gioco valga la candela.
Sullesito conclusivo della vicenda di Massimo Ranieri un giudizio si può dare. Lartista, esibendo la figlia ritrovata in televisione, è stato un esempio tipico e fastidioso della svendita e della mercificazione del proprio mondo interiore. Lui, naturalmente, è come molti altri, da Albano agli anonimi protagonisti di trasmissioni televisive in cui si parla di amori e di abbandoni.
Ciò che dovrebbe essere naturale e ovvio è invece la difesa della propria interiorità da occhi indiscreti. Ed è ciò che accade nelle situazioni comuni: si parla poco o niente con il vicino di casa, non ci si sogna neppure di parlare di sé con il giornalaio o il fornaio, perfino con gli amici si mantengono i segreti più intimi. Non in televisione. Qui si è disposti, con dovizia di particolari, a parlare di sé, senza pudori, senza esitazioni.
Ranieri ha usato la televisione non tanto per far sapere che ha una figlia segreta, quanto per portare lattenzione su di sé: e infatti noi ne stiamo parlando. Ma Ranieri e gli autori del programma televisivo non hanno il minimo dubbio che non solo quellesibizione di vita privata si possa trasmettere, ma che essa avrà anche grande successo di pubblico. Perché? Perché loro non fanno niente di nuovo, non fanno niente di diverso da coloro che usano la televisione per fare spettacolo dellinteriorità delle persone, trovando infinità di persone disposte ad esibire il proprio mondo privato. La vita vera è un reality show televisivo, in cui non si parla di politica o di cultura, cioè di cose oggettive, ma di se stessi, cioè di cose soggettive, per raggiungere lagognata visibilità.
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