Matteo Sacchi
Cosa cova davvero nel cuore degli esseri umani? Siamo intimamente buoni, come sosteneva Jean-Jacques Rousseau, oppure, sotto la scorza della civiltà, resta una furia primordiale che non desidera altro che essere liberata?
È la domanda di fondo che pone una serie da poco in onda, ora anche in versione doppiata in italiano, su Amazon Prime Video: The Purge. La trama fortemente disturbante e distopica immagina che negli Usa dopo il 2020 abbia preso il potere una nuova forza politica, chiamata i Nuovi Padri Fondatori. Qual è la loro riforma principale? Del modo di vivere americano sembrano aver toccato poco, tranne aver istituito una giornata chiamata «lo Sfogo». Per 12 ore polizia, pompieri e servizi sanitari smettono di funzionare. Qualsiasi forma di legalità ordinaria viene sospesa e nessuno viene perseguito per i crimini che commette in questo lasso di tempo. Sono vietate solo le armi da guerra di grosso calibro e restano intoccabili i funzionari governativi di «livello 10».
Una follia? C'è chi continua a pensarlo ma un bel pezzo della nazione ha iniziato a considerare lo sfogo come liberatorio e come uno strumento di bilanciamento sociale. Del resto dopo l'esplosione di rabbia il crimine nelle giornate normali è quasi assente. Senza contare che prima della grande mattanza si vendono benissimo un sacco di cose, provviste, armi, sistemi di sicurezza. La serie accompagna lo spettatore attraverso questo lavacro di sangue seguendo tre filoni narrativi principali, su cui se ne innestano decine di altri. C'è il percorso di Miguel, un marine rientrato in patria che cerca di rintracciare la sorella Penelope. I genitori dei due ragazzi sono stati uccisi in una delle prime «purghe». Miguel ha reagito coltivando la sua combattività, anche se di suo mai torcerebbe un capello ai civili. Penelope (interpretata dalla giovane e bravissima Jessica Garza) invece, rimasta traumatizzata dall'omicidio, dopo un passato di droga è finita nelle mani di una setta che ha fatto dello «sfogo» l'occasione di farsi martirizzare. Nel tentativo di impedire la morte della ragazzina plagiata, Miguel dovrà attraversare una città dove è in corso ogni genere di aberrazione. Poi ci sono Jenna (Hannah Emily Anderson) e Rick (Colin Woodell). Sono una coppia di giovani imprenditori edilizi che però non rinunciano a un tocco di sociale (costruiscono case popolari). Per fare affari però devono andare ad una festa organizzata da uno dei più influenti finanziatori dei Nuovi Padri Fondatori. E si troveranno tirati in mezzo a una versione sanguinaria della festa mascherata di Eyes Wide Shut. Festa dove, per altro, si presenteranno ospiti inattesi. E per finire c'è la laboriosa Jane, è nel suo ufficio da manager a condurre una importante trattativa anche in questa notte di follia. Il suo capo le ha affidato un compito delicato e si fida di lei. Già il suo capo... Non è che a Jane stia proprio simpatico e, in certe notti, chi non ti è simpatico può fare una brutta fine, anche per procura. Ma come ci si sente dopo aver regolato i conti? Meglio o peggio? Chi può dirlo...
The Purge mette in scena una Walpurgisnacht in cui tutti sono vittime e carnefici, soprattutto di se stessi. La sua narrazione claustrofobica costringe il pubblico a chiedersi: «Cosa farei io in quella circostanza?». E a chiederselo onestamente è difficile darsi delle risposte: perché davvero nell'uomo, come diceva Carl Gustav Jung, convivono due nature. Del resto lo chiedeva vanamente, le mani ancora insanguinate, Caino: «Sono io il custode di mio fratello?». Non c'è risposta duratura. Ecco perché con la violenza che giace in tutti noi la politica non dovrebbe mai giocare. The Purge immagina di estendere oltre misura quel famoso esperimento fatto all'università di Stanford da Philip Zimbardo. Dopo aver trasformato alcuni studenti in prigionieri (vittime) e altri in (carcerieri) la simulazione degenerò nella brutalità tanto che dovette essere sospeso dopo solo cinque giorni.
Certo, la serie è pura fantascienza ma le purghe maoiste di Stato o le violenze delle charivari medievali (dalla pece ai linciaggi il passo era breve) o la giustizia sommaria del Ku Klux Klan non sono cose aliene alla storia o all'animo umano. Lo sceneggiatore James DeMonaco le ha trasformate in una ossessione personale (prima della serie ha realizzato un ciclo di film ormai di culto) che però aiuta a riflettere. Tutti prima o poi abbiamo avuto voglia che ci lasciassero campo libero, per farci giustizia da soli. Nella notte dello «Sfogo» si può, ma il risultato non è sempre quello che ci si aspetta.
Anche perché nello «Sfogo» c'è davvero chi esce per strada a cercare di fare solo e soltanto la cosa giusta. Ma alla fine rischia di tornare a casa (se torna) sporco di sangue anche lui.Se si regredisce alla condizione che Hobbes definiva «Homo homini lupus» anche chi è un buon cane da pastore è costretto ad azzannare.
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