Si sentono insicuri i cittadini del Lazio, soprattutto quelli che abitano a Roma, dove la percezione dellaumento dei reati compiuti dagli stranieri (45,8 per cento) è tale da poter parlare di «effetto Caffarella». È lEures ad usare il nome del parco dove è avvenuto lo stupro di una quindicenne il giorno di San Valentino per indicare che secondo i romani, negli ultimi tempi, gli immigrati hanno alzato il tiro ed è cresciuto il numero delle violenze sessuali. I risultati dellindagine («La percezione di sicurezza tra i cittadini del Lazio»), realizzata tra 2.005 abitanti della regione lo scorso mese, dimostrano come lattenzione al tema della sicurezza nelle cronache e nel dibattito politico trovi pieno riscontro nelle opinioni della gente.
Il 45 per cento dei cittadini sostiene di sentirsi più insicuro rispetto allanno precedente, nella capitale la percentuale sale al 50,1 per cento (più sicure risultano le province di Rieti, Latina, seguite da Frosinone e Viterbo). Naturalmente coloro che sono già stati vittime di reati vivono meno sereni, ma linsicurezza si correla anche allintegrazione sociale (più tranquilli sono i laureati, meno quelli con un basso livello di scolarizzazione) e alla grandezza dei comuni. A preoccupare i cittadini, oltre ai reati commessi dagli stranieri, sono quelli messi a segno dalla criminalità diffusa, come furti, scippi e borseggi, quelli legati al traffico di stupefacenti e le violenze sessuali. Il 62 per cento del campione ritiene che serva la certezza della pena per sentirsi più sicuri, ma anche una maggiore presenza di polizia sul territorio e un più ampio impiego dei militari. Sono in molti (36,2 per cento) a chiedere regole e controlli più rigidi sullingresso degli stranieri. Ma laumento della percezione di insicurezza nellopinione pubblica deriva soltanto in parte dalleffettivo aumento dei reati (51,6 per cento), mentre un peso significativo è attribuito alla perdita di coesione e solidarietà nelle famiglie e nella società (20,1 per cento), allatteggiamento allarmistico dei media (14,4 per cento) e alle strumentalizzazioni del mondo politico (13,9 per cento). Questa progressiva perdita di sicurezza, per lEures, non è senza conseguenze. Una delle più rilevanti consiste «nella progressiva erosione della cultura dellintegrazione sociale quale antidoto al proliferare di comportamenti devianti». Quasi tutti daccordo sul fatto che la devianza sia un fatto individuale: il 98 per cento del campione, infatti, afferma che quando un adulto commette un reato ne è in prima persona responsabile. Nel caso in cui a delinquere sia un minore entrano in gioco anche la responsabilità familiare e quella sociale.
Se la paura aumenta è colpa anche della stampa che tende ad amplificare i problemi, della politica che li strumentalizza, e delle istituzioni che non danno risposte adeguate, sottovalutandoli. Tutti colpevoli, «anche perché la convivenza e la dinamica sociale, condizionate dalla paura, generano comportamenti e atteggiamenti di diffidenza, di chiusura e di rifiuto dellaltro».
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