Servono eroi, ci ritroviamo i traditori

«Dobbiamo essere più forti del panico:... consiglio di acquistare le azioni di aziende solide...». E cosa altro poteva, anzi doveva, dire il nostro primo ministro in una delle più memorabili crisi finanziarie della storia? Appunto quanto ha detto, e che serve peraltro non solo a calmare il panico e a un dovere d'ottimismo. Il precipizio delle borse ha ora moventi più gravi del panico, e persino della speculazione. Le banche, come i gestori di derivati o i più avidi dealers di New York vendono per coprirsi delle loro perdite, voragini che giorno dopo giorno s'allargano. Perciò il crollo di borsa fa rinforzare il dollaro sull'euro. Insomma l'idea originaria del ministro Paulson è servita a poco. Troppo vasto era il buco negli attivi per tamponarlo con 700 miliardi. Potrebbe invece funzionare soltanto ristrutturando il debito e ricapitalizzando. Infatti il piano inglese, ragionevole, ricapitalizza le banche con capitali pubblici. E alla stessa idea parrebbe convertirsi ora pure quel capellone di Paulson. A riguardo le nazioni del G7 si lasciano carta bianca nei punti che hanno ribadito a Washington. Né si può escludere che si arrivi pure all'acquisto diretto di azioni sul mercato.
Insomma rinforzare il capitale delle banche sane e di tutte le «aziende solide» ma travolte dal crollo non può dirsi impresa pubblica di minore importanza. Per risolvere il credit crunch è, direi, più importante persino dei tassi da abbassarsi. E anche lo stato italiano si lascia libero ogni intervento a riguardo, nel decreto legge del 9 ottobre. Del resto è evidente. Non solo Eni, ma pure Telecom e le banche in crisi, risultano a questi prezzi contendibili. A prezzi come questi impegnare i mezzi della Cassa Depositi e Prestiti o l'oro di Banca Italia sarebbe un dovere e non solo per fermare la crisi. Dunque le parole del presidente del Consiglio sono state appropriate, e da elogiarsi.
E invece che ti fanno quei talenti politici, tirati su da piccolini in un partito sempre amico del nemico? Il contrario. Veltroni dichiara, con la flemma di una suocera gelosa mentre brucia casa: «La crisi finanziaria non è una discoteca... Non spetta al presidente del Consiglio dire quali azioni acquistare». Né tace il tepidissimo Enrico Letta: «trovo inconcepibile che il presidente del Consiglio si trasformi in un broker...». Conclude D'Alema, simpaticissimo come sempre: «la crisi non si può affrontare con battute da cabaret». Durante uno stato di eccezione, che sconforta tutto un popolo, a costoro, non riesce di meglio che stare dall'altra parte. Ma appunto ci sono stati educati da piccoli. Per non dire del megalitico sapiente, Bersani. S'è avviato nella più incosciente delle polemiche: sulle perdite del Tesoro per causa di Lehman e Brothers. Delle meschinità proditorie; certo per tali sentite dai migliori, di destra o sinistra. Anche perché questo ritorno dello stato nel capitale darebbe alle sinistre, fossero ancora tali, splendide opportunità di agire per una economia di mercato ma più solidale. Non c'è guaio che non debba mutarsi in occasione di bene, anzi eroica. Questa crisi di borsa finirà prima o poi, e gli stati interverranno nei capitali delle società ristrutturabili.

Sarà un altro mondo, al quale i principi di solidarietà e proprietà pubblica tornano utili. È ora che il centrosinistra se ne accorga: si offre per chiunque in questa crisi un compito solidale, forse addirittura eroico. Persino un editorialista della Cnn, ieri, ha infatti chiosato: «Abbiamo bisogno di eroi».

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