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Il sesso è piacevole? Dopo 13 minuti una noia

Secondo gli studiosi ci si può concentrare sul rapporto solo per un tempo limitato, superato il quale il cervello comincia a vagare altrove. Gli uomini? Lo hanno sempre saputo. Le donne? Lo hanno sempre sospettato

Il sesso è piacevole?  
Dopo 13 minuti una noia

Finalmente possiamo mettere un po’ d’ordine. Lasciando fuori le lei che durante analizzano le macchie di muffa sul soffitto e i lui che pensano d’essere sul set di «Nove settimane e mezzo», il rapporto equo e solidale può essere scientificamente definito: dieci minuti. Il tempo perfetto. Tra sette e tredici restiamo negli intervalli di tolleranza. Sotto i sette dobbiamo cominciare a preoccuparci, sopra i tredici deve cominciare a preoccuparsi il partner. In ogni caso, è finalmente possibile tornare con i piedi sulla terra, sentendoci tutti mediamente più tranquilli. Al diavolo, una volta per tutte, le frustranti invidie verso chi racconta di lunghissime notti indemoniate. E al diavolo pure Sting, che con il suo annuncio della copula tantrica di nove ore ci aveva così sprezzantemente umiliati.

Dieci minuti: il tempo eterno e misurato dell’amore ideale. In dieci minuti si riesce a fare e a dare tutto quello che serve in una coppia equilibrata. Dopo, si esce dalla poesia e si entra direttamente nel campo minato della fatica e della noia. A dare questo durissimo colpo di maglio ai miti dei bagnini e dei rocchisiffredi è una rispettabile ricerca scientifica, condotta da cinquanta specialisti della «Society for sex therapy and research» e pubblicata sul Journal of sexual medicine. Gente che ne sa. Psicologi, terapisti, medici, assistenti sociali. Dall’analisi di tantissime coppie e dei loro amplessi più o meno problematici, esce un risultato che definiscono attendibilissimo.
Una bella scoperta, c’è poco da dire. Molti di noi, escludendo per inattendibilità quelli che spaziano desolatamente tra i sette e i tredici secondi, non sapevano quale fosse il minutaggio virtuoso. Mezz’ora? Un’ora? Un weekend con briciole nel letto?

Sin da ragazzi, studiamo guardinghi la concorrenza, con domande molto alla lontana, per carpire qualche elemento di confronto. Per sapere se siamo in media, o se siamo un po’ conigli, o se siamo un po’ bradipi. Una volta per tutte, c’è il riscontro cronometrico che fa da spartiacque. Dieci minuti, tre più tre meno. Crolla definitivamente il mito della maratona. E soprattutto crolla miseramente questa idea fissa di doversi barricare in camera per giorni e giorni come segno estremo di amore immenso, neanche fosse un Mondiale con quarti, ottavi e semifinali. Per l’amore eterno può bastare l’infinitesimo temporale di uno sguardo. E qui mi fermo perché il discorso porterebbe un po’ lontano.

Restiamo al dato scientifico, per sua natura poco opinabile. I ricercatori chiariscono che nell’arco ideale dei dieci minuti i due atleti mantengono una soglia di attenzione altissima. In questa fase, la concentrazione è massima. La coppia pensa solo a quello, lasciando il mondo chiuso fuori, lontanissimo e insignificante. Allo scoccare del decimo, più recupero di 3’, il cervello comincia a chiedere permesso, scusate, c’è dell’altro. Inevitabilmente crolla la concentrazione e arriva la noia. O quanto meno la distrazione. Difficilissimo prolungare gli stessi livelli di prestazione. In sostanza, è il problema che aveva Sacchi con il primo Milan: estendere l’intensità oltre il quarto d’ora.
Riconosciamolo: questa scoperta dei dieci minuti è destinata a cambiare la storia dell’uomo, inteso anche come donna. In tema di sesso, si erano sempre cercate più che altro certezze sui luoghi. Come dimenticare la faticosa individuazione del punto G. Come dimenticare le energie profuse dalla scienza per localizzare questa stramaledetta specie di interruttore, che metterebbe in moto le signore come macchine da guerra. Invece, poco o niente sulla dimensione tempo. Con tutto quello che ne consegue: complessi di inferiorità, complessi di superiorità, complessi.

Nel luminoso anno 2010, è con giustificato orgoglio che lo psicologo Eric Corty, della Penn State University, può finalmente regalare al genere umano l’atteso annuncio: «La durata giusta è dieci minuti. Molti fantasticano erroneamente su intere notti di sesso sfrenato: speriamo che il nostro studio incoraggi uomini e donne ad avere aspettative più realistiche».

Da qui in avanti, niente sarà come prima. Possono cambiare usi, costumi, credenze popolari e mitologie erotiche. Sinora, un criterio sufficientemente attendibile poteva sembrare quello ereditato dalla tradizione, cioè che ciascuno fa quanto e come si sente, senza la clessidra sul comodino. Ma è chiaro che adesso il dilettantismo e l’improvvisazione diventano obsoleti. Dieci minuti e via. Per sentirsi a posto, per sentirsi in regola.

Piuttosto, regolamento alla mano, si può dire che a rimetterci di più sia sostanzialmente la donna. Lei con il suo preteso cerimoniale di corteggiamenti, parole dolci, carezze e preliminari, in totale non meno di mezz’ora. È finita.

Si volta pagina. Già dopo sette minuti, nessuna di loro potrà più permettersi il piacere sottile di pronunciare la fatidica frase: tutto qui?

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