LA SETTIMANA DEL DESIGN

Prego, accomodatevi: la fine della globalizzazione inizia da una poltrona. Sedetevi, ma non pensiate di trovare una sedia uguale all’altra. La sedia non è un universale. Ognuna deve raccontare qualcosa, evocare, suggerire, ricordare, come una suggestione, un’illuminazione. Un mondo.
L’ultima scoperta dell’arredamento è questa: le sedie non devono essere necessariamente tutte uguali. Gli oggetti della casa rappresentano un mondo intimo, unico, non seriale. E questo vale anche per le poltrone, gli sgabelli, le chaise-longe. Prendete posto, non state lì impalati, lasciate che a scegliere sia il cuore. Le sedie sono punti su un mappa e spetta a voi decidere in quale posto stare, decidere se vi rappresentano.
Ci avevano raccontato di mobili ben fatti e ben progettati, rifiniti, gradevoli. Ma questo è il passato. Quest’anno vince il sogno. È l’ultimo scatto, quello che decide davvero, quello del cuore, la vera molla che spinge a scegliere, a desiderare davvero. E allora, «Prego, accomodatevi», diventa un invito sincero, non più una formula vuota. E lascia fuori tutto il resto del mondo. Le sedie prendono vita, come accade in una poesia di Nazim Hikmet: «Le sedie si sono svegliate, si precipitano da un angolo all’altro. Anche il tavolo, il tappeto si è messo a sedere, gli arabeschi hanno aperto i petali \ In casa fuori di casa la luce si è risvegliata, si è versata sui tuoi capelli, è colata tra le tue palme, ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi».
Le sedie raccontano il senso dell’essere unici e sono il segno che questo pantano senza futuro si può superare. Non ci possiamo accontentare del minimalismo, dell’ordinario, serve un sentimento che ti faccia andare più in là. Era solo l’anno scorso, il 2010, l’anno della crisi, l’anno più duro, e al Salone del Mobile si era subito notato. I designer pensavano a una casa desiderosa di sintesi, di qualità, di comfort. Quest’anno è tutto diverso. L’abito accattivante di buona sartoria, non basta più. Oggi si gioca con i contenuti, sulla bellezza della forma prima di tutto. C’è la poltrona che stupisce, come quella inventata da Dror Benshetrit per Cappellini in polietilene lineare «Tron Armchair» ispirata al film di fantascienza di Joseph Kosinski Tron: «Legacy».

Oppure, sempre in polietilene per esterni, della collezione «Trasparente al punto giusto» di Albano Ghizzoni per Essent’ial. Fino a immaginare un’enorme meringa dentro cui sprofondare come la poltrona Whisper disegnata da Alessandro La Spada. Le sue linee morbide e le proporzioni generose invitano al relax.

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