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«La sfida? Preparare i giovani alla vita»

Rifare il campo di calcio, terreno di vita e di battaglia di tanti ragazzi. Si può. Avviare un laboratorio all'educazione al lavoro per adolescenti. Anche questo è possibile. Ma soprattutto ristrutturare l'antica mansarda e trasformarla in appartamenti dove lavorare a un percorso di preparazione all'autonomia. Tre grandi obiettivi da raggiungere quelli della «Casa dell'Angelo», la comunità di accoglienza che ospita, sulle alture di Borzoli, quaranta giovani tra i 6 e i 21 anni. Progetti che non parlano più al passato, ma guardano al futuro grazie ai finanziamenti della Fondazione Carige che ha permesso di realizzarli. Tutti e tre.
Una mano tesa quella della Fondazione, che ancora una volta, sceglie di aiutare giovani con gravi problematiche sociali e familiari. Perché ad abitare la Casa dell'Angelo, sono prevalentemente ragazzi inviati dai servizi sociali, in massima parte con decreto del Tribunale dei Minori, che crescono insieme costruendo il loro futuro. Gestita da religiosi dell'Opera Don Guanella, la Casa dell'Angelo cambia così fisionomia e impostazione: non più l'idea di «istituto» o «collegio» ma una «casa» dove ritrovarsi in un clima familiare, grazie soprattutto ai sedici educatori, che seguono, passo dopo passo, la varie fasi di crescita dei ragazzi. La scuola e le stesse attività sportive sono infatti vissute nell'ambito del territorio e non più all'interno della cinquecentesca villa Doria, appartenuta, come «casino di caccia» all'omonima famiglia. Una trasformazione già avviata, che si rafforza oggi grazie all'aiuto della Fondazione Carige, delle istituzioni locali e dei tanti benefattori, che hanno scelto di investire sull'educazione dei giovani a rischio A porre l'accento è soprattutto don Marco Grega responsabile della «Casa», che ribadisce: «il sostegno della Fondazione è stato di essenziale importanza, soprattutto per quanto riguarda il “progetto mansarda”.
Un aiuto economico notevole, che ci ha consentito un salto di qualità in termini di interventi progettuali su questi ragazzi. Una gamba che ci mancava per camminare. Perché, poter trasformare la mansarda in due appartamenti, dove poter far vivere i ragazzi alla fine del loro percorso di tutela ha creato le basi, per l'avvio del progetto di preparazione all'autonomia reale, e non presunta, che rielabora il concetto stesso di fine percorso di tutela». Questi due appartamenti - composti di salottino, angolo cottura, due camere, bagni e lavanderia - accolgono oggi quattro ragazzi tra i 16 e i 18 anni che vivono e imparano a gestire insieme una casa, con l'aiuto di educatori, sperimentando un «domani» più solido e promettente. «Perché il problema del dopo-comunità è cosa seria. Alla fine del percorso di tutela, uno rischia di non avere più nulla intorno - aggiunge Don Marco -. Allenare questi ragazzi, prima che compiano 18 anni, a tenere una casa, a fare la spesa, a lavarsi i panni, a stirarli, a progettare sullo stipendio e sul lavoro, li rende meno soli. L'obiettivo è quello di offrire strumenti adeguati, tali da permettere loro di vivere autonomamente, terminato il periodo dell'affidamento, che non va oltre i 21 anni». Un lavoro e una casa, che trovano risposte anche nelle tre comunità residenziali, che accolgono ciascuna 7 ragazzi in appartamenti strutturati in camere triple, bagni, salone e soggiorno, dove il più piccolo frequenta la seconda elementare, il più grande la quarta superiore. Ed è sempre don Marco a spiegarne il funzionamento: «Abbiamo impostato le comunità cercando di creare il più possibile un ambiente familiare. Un po' come nelle altre famiglie, dove i fratelli hanno età diverse, accompagnati da una coppia di educatori, che garantiscono riferimenti maschili e femminili». Camere colorate, con vista su un campo di calcio, fortemente allettante per i ragazzi della «Casa». È l'altro grande regalo della Fondazione, che ha permesso (coprendo metà del costo di realizzo) di trasformare un grigio e polveroso campetto, in un grande «prato verde», dotato di spogliatoi, docce e servizi igienici. Un sogno per tanti anni, diventato realtà il 4 giugno del 2007. Anche la ristrutturazione del laboratorio di avvio al lavoro è un altro sogno che la «Casa dell'Angelo» ha potuto realizzare. Lo spazio, dove, oltre a costruire oggetti e a dare sfogo alla fantasia e alla creatività dei ragazzi, si misura anche l'esperienza lavorativa dei più grandi. «Abbiamo verificato la straordinaria importanza dell'attività svolta dalla “Casa dell'Angelo” - chiarisce Pierluigi Vinai, vicepresidente della Fondazione Carige -. Attività che ben si colloca con la nostra missione.

Doveroso dunque aiutare la comunità di accoglienza di Borzoli, che lavora alla crescita di questi ragazzi, che hanno alle spalle drammi e tragedie, attraverso percorsi individuali che colgono l'essenza del concetto stesso di “famiglia”».

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