Shakespeare «fatto a pezzi» nel puzzle di Omar Nedjari

Letto, riletto, interpretato e modernizzato; pur nella sua universalità e nella forza della sua scrittura, la versalitilità di William Shakespeare continua anche nel Nuovo Millennio ad offrire materia di studio, analisi, approfondimenti e riflessioni artistiche. Omar Nedjari, dopo essersi addentrato attentamente tra le righe delle quattro tragedie più conosciute e rappresentate del Bardo: Amleto, Othello, Re Lear e Macbeth, ha consacrato le sue doti drammaturgiche e la sua raffinatezza registica per rivedere le opere notorie, ricavandone la messinscena di «I figli di un cervello pigro - Shakespeare a pezzi». In scena stasera al Teatro Verga, con replica domani nell'Aula Magna dell'Università Statale (ore 21, ingresso libero, 02-50312569), lo spettacolo, interpretato dall'Associazione culturale Forma&Linguaggi e dalla Compagnia Teatrale dell'Università degli Studi milanese, nasce da un quesito che il giovane regista Nedjari si è posto durante il suo percorso di crescita artistica: «Ha ancora senso rappresentare oggi Shakespeare?». Qualcuno potrebbe avere infatti maturato la convinzione che oramai la parole del drammaturgo inglese siano usurate dal tempo, in altre parole: non più di moda.

Ecco perché Omar Nedjari, senza rinnegare la grandezza di Shakesperare ma anzi per rivalutarlo ancora una volta nella sua completezza, ha scelto le quattro opere più famose per frantumarne l'essenza, approdando alla ricomposizione di un lavoro nuovo, che rende omaggio alla struttura contemporanea del teatro e alle emozioni dell'oggi, ai valori morali e al linguaggio odierno.

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