Quando nel 1979 un autore poco conosciuto come Shane Stevens pubblicò negli States il romanzo By Reason of Insanity non era ancora decollata la moda dei serial killer da romanzo. Thomas Harris era ancora lontano dal creare un modello come Hannibal Lecter e non aveva ancora incontrato il mind-profiler John Douglas, sul quale poi avrebbe costruito i personaggi di Will Graham e Clarice Sterling. Jeffery Deaver non aveva ancora scritto Il collezionista di ossa né James Ellroy aveva lavorato a Le strade dell’innocenza, L’angelo del silenzio o Il grande nulla, opere che esplorano in maniera caustica il tema dei crimini seriali. Tantomeno Bret Easton Ellis aveva dato sfogo alle patologie omicide degli yuppies degli anni Ottanta protagonisti di American Psycho.
Il romanzo di Stevens metteva così per la prima volta a fuoco la psicologia di un serial killer raccontandola con uno stile secco che ricordava la cronaca di un quotidiano. Prima di lui avevano esplorato il lato oscuro americano autori come Robert Bloch (il quale con Psycho aveva tratto ispirazione dalle truculente gesta dello psicopatico Ed Gein) e Jim Thompson (autore di L’assassino che è in me, dove protagonista è la mente malata e omicida di un vicesceriffo del Texas). Shane Stevens sceglieva, invece, per By Reason of Insanity, che uscirà per la prima volta in Italia con il titolo Io ti troverò il prossimo 5 novembre da Fazi, di trarre spunto dalla vicenda reale di Caryl Chessman, il cui caso aveva diviso l’opinione pubblica americana.
E, seguendo le tracce di Chessman, lo scrittore tracciava un ritratto al vetriolo della società americana fra gli anni ’50 e gli anni ’70. Una visione della realtà dalla parte del male che metteva per la prima volta in scena come protagonista e non come antagonista ispirato a un presunto serial killer (giustiziato nel carcere di San Quintino il 2 maggio del ’60 per rapina, sequestro e abuso sessuale), narrandone la psicologia e il comportamento, senza alcun commento di tipo moralistico.
Da quel romanzo di Stevens sono stati fortemente segnati, per loro stessa ammissione, scrittori come James Ellroy e John Connolly, ma soprattutto Stephen King ha tratto ispirazione da quella storia per costruire il celeberrimo La metà oscura. Un’influenza così profonda che ha spinto il maestro dell’horror a dichiarare nella postfazione a quel romanzo che la costruzione del suo protagonista Thad Beaumont, e soprattutto quella della sua metà malata, ovvero George Stark (che nel cognome omaggiava il più celebre degli pseudonimi letterari di Donald Westlake), era nata proprio in seguito alle suggestioni dategli dalla lettura di By Reason of Insanity di Stevens. «La scelta del mio personaggio - scriveva King - è un omaggio a Mr. Stevens, i cui romanzi sono tra i più acuti mai scritti sul lato oscuro dell’American Dream. In questa opera infatti la cosiddetta “mente criminale” e lo stato di psicosi cronica si fondono per creare il male perfetto».
Rileggendolo oggi, Io ti troverò non sembra affatto invecchiato e mantiene intatta la sua spietata ferocia, a partire dalle prime pagine in cui assistiamo al rogo in cui viene bruciato il cadavere della mamma del protagonista e alle successive pagine in cui entriamo fra le pareti del carcere di San Quintino dove avviene l’esecuzione di Chessman, il famigerato «bandito della Luce Rossa». «La morte di Chessman - racconta Stevens - segnò l’inizio di un’era di spargimento di sangue che non è ancora terminata. Per uno strano capriccio della sorte, la vita e la morte di Chessman diedero il via a una serie di omicidi bizzarri e selvaggi che, dopo oltre un decennio, avrebbe coinvolto i funzionari e gli agenti dei vari corpi di polizia di tutta la nazione». E puntualmente Stevens ci racconta che cosa ha sconvolto le strade del suo Paese per così tanto tempo. Con occhio indiscreto spia, quasi avesse una telecamera nascosta, le gesta del terribile protagonista emulo di Chessman.
Io ti troverò è un libro «al sangue» e a incuriosire ulteriormente i lettori francesi, che sono stati i primi nella scorsa stagione a riportare in classifica il volume dopo la sua pubblicazione da parte delle Sonatine Editions, è anche l’alone di mistero sulla vera identità del suo autore. Infatti nessuno è mai riuscito a dare un volto a Shane Stevens, scrittore che ha firmato, fra il 1966 e il 1985, ben sei interessanti romanzi (Go Down Dead, Way Uptown in Another World, Dead City, Rat Pack, By Reason of Insanity e The Anvil Chorus).
Ufficialmente Stevens risulta deceduto nel 2007, ma c’è chi sostiene che dietro il suo nome si sia celato per anni qualche maestro del thriller americano tuttora vivente che non ha però voluto svelare la propria identità. Al contrario di quanto dovette fare Stephen King, costretto a confessare dopo alcuni anni la sua seconda identità firmata Richard Bachman.
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