Politica

Si sposta su Comune e Provincia di Palermo la guerra interna al Pdl siciliano

Fuori dalle giunte gli uomini fedeli all'area che fa capo a Gianfranco Miccichè. Il sottosegretario: «La politica delle amministrazioni palermitane dimostra l'obbedienza a dinamiche settarie. Qualcuno usa logiche da "padrino"»

Non si ferma la «guerra» tutta interna al Pdl siciliano, quella che vede contrapposte l'ala che fa capo al sottosegretario Gianfranco Miccichè e l'area che si riconosce invece nei coordinatori regionali, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, o meglio che con Castiglione fa parte della "corrente" fedele al presidente del Senato, Renato Schifani, e al ministro di Giustizia Angelino Alfano. Una guerra dura, senza esclusione di colpi, che nei principali enti locali sta assumendo i contorni di una vera e propria resa dei conti. Dopo il Comune di Palermo, infatti, dove qualche giorno fa, nel rimpasto di giunta sono rimasti fuori gli uomini della corrente Miccichè, adesso tocca alla Provincia del capoluogo siciliano: il presidente Giovanni Avanti (Udc), infatti, ha mandato via il suo assessore alla Pubblica istruzione, Giuseppe Di Maggio, vicino al sottosegretario "ribelle", e ha nominato al suo posto un uomo della corrente avversa. Un gesto che ha provocato, a catena, le dimissioni per protesta dalla giunta provinciale di un altro assessore pure legato a Miccichè, Eusebio Dalì.
Tuona contro quelle che definisce «logiche da padrino» il sottosegretario Miccichè: «La politica delle amministrazioni palermitane - dice - dimostra, anche attraverso l'assurdo licenziamento dell'assessore Di Maggio, quanto poco attenti si sia agli interessi della città e della provincia a favore invece dell'obbedienza a logiche settarie. Per fortuna c'è dell'altro. Sono comunque fiducioso perché è grazie alla coerenza e al coraggio di quelli che non si piegano a logiche da "padrino" che Palermo prima o poi si riprenderà».
La situazione è particolarmente difficile al Comune di Palermo. Nel gruppo Pdl l'area Miccichè conta ben cinque consiglieri su 17, e se a questi si aggiungono i cinque consiglieri del Mpa - anche il movimento del presidente della Regione Raffaele Lombardo nel rimpasto di giunta è rimasto fuori dall'esecutivo - si capisce come in Consiglio comunale la maggioranza a sostegno del sindaco, Diego Cammarata, sia a dir poco risicata. Il copione adesso si replica alla Provincia, e a catena potrebbe riproporsi pure in altre realtà. Insomma, la guerra è aperta.

E la pace sembra davvero lontana.

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