La Sicilia fra il ponte e le ferrovie

Caro Granzotto, dello Stretto di Messina già discutemmo insieme qualche anno fa; mi preme oggi, nel ribadire la mia irriducibile contrarietà, prendere le distanze da Prodi e compagni che vi si oppongono per dire l’ennesimo no a Berlusconi. Le mie motivazioni sono ideali, e forse perciò risibili (nessuno è perfetto...). Difendo la insularità della Sicilia custode, come sostenne Oreste Del Buono, di una inviolabile autonomia culturale che parecchie nazioni non hanno. L’Isola è stata sempre in costante comunicazione col mondo attraverso il mare, il vero grande ponte che ha consentito a diverse civiltà di approdarvi ma anche di ritirarsi con qualche cosa in più, come accade con la risacca. Gli Arabi per esempio vi importarono l’astronomia, le scienze, la filosofia, ma ne esportarono con i loro poeti la nostalgia per una terra di acquisto diventata patria perduta; l’istituto parlamentare arrivò lì prima che altrove e da Palermo Federico stupì il mondo intero. Non mi dilungo oltre, ma non posso tacere, per avvicinarmi a tempi recenti, che il Liberty vi allignò prima che al Nord d’Italia e che il Futurismo vi trovò il suo primo insediamento.
Oltre al mare, un altro grande ponte è il cielo; e per unire l’utile al dilettevole, mi domando come e perché non si riattivi, con molta minor spesa, l’aeroporto di Comiso che consentirebbe a turisti di tutto il mondo di raggiungere più agevolmente il centro della Sicilia barocca e archeologica. Il Ponte, tra l’altro su sponde ballerine, sarebbe una fragile fettuccia buona a unire un’appendice, mentre la Sicilia è un avamposto di civiltà.



Ne discutemmo per trovarci d’accordo, nevvero, caro Vasile? La sua contrarietà al ponte dei ponti ha motivazioni storiche e culturali di grande suggestione che ovviamente condivido. La mia poggia su considerazioni assai più terra terra. A sud di Roma, strade, autostrade, rete ferroviaria e aeroporti lasciano molto, diciamo pur così per carità di patria, a desiderare. Salvo la Roma-Napoli, entro poco beneficiata dalla prodigiosa Tav, l’Alta velocità (pensi che chiccheria: invece di un’ora e quarantacinque, si giungerà a destinazione in un’ora e dieci. Son davvero faccende che ti cambiano la vita), il restante della rete ferroviaria è a binario unico. Tale e quale la ferrovia dell’Hegiaz che il buon Lawrence sabotava nel lontano 1918. Delle autostrade e in particolare della Salerno-Reggio Calabria meglio tacere. Degli aeroporti, piaga sulla quale lei, caro Vasile, ha messo il dito, idem. Allora io dico: si vuole, da trent’anni a questa parte, il ponte sullo Stretto? Benissimo. Lascerà il mondo intero a bocca aperta con quella sua campata unica, quel suo scodinzolare antisismico. Ma prima di fargliela aprire, la bocca, al mondo intero non è che si potrebbe mettere il sistema viario meridionale al passo di quello settentrionale? Io già mi ci vedo varcare trionfalmente lo Stretto lungo il ponte delle meraviglie. Vorrei però, prima, andare da Brindisi a Taranto, da Agrigento a Palermo in tempi che non siano quelli preunitari. Oppure mi piacerebbe percorrere la famigerata Dorsale Ionica senza dover precedentemente accendere un cero alla Madonna.

Le dirò di più, caro Vasile: in cambio di ferrovie, strade e aeroporti “europei” (o anche l’Europa si è fermata a Eboli?) sono disposto perfino a rinunciare al ponte dei ponti, al ponte delle meraviglie. Alla fettuccia, insomma.
Paolo Granzotto

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