Sicurezza disattivata, i magistrati indagano

Il legale del conducente: «Pensava di evitare l’impatto»

Patricia Tagliaferri

da Roma

Nel registro degli indagati della Procura di Roma, per ora, c’è il nome di Angelo Tomei, il macchinista alla guida del convoglio che martedì mattina è piombato addosso a quello che lo precedeva sulla linea A della metropolitana della capitale, alla stazione Vittorio Emanuele. Ma l’inchiesta del pm Elisabetta Ceniccola punta anche altrove. L’errore umano, certo, rimane una delle ipotesi al vaglio degli investigatori, ma gli accertamenti mirano anche a verificare il funzionamento dei sistemi di sicurezza a bordo dei treni e la possibilità che questi meccanismi in certi casi possano essere disattivati. Ad ammettere l’esistenza di tale procedura è stato un collega di Tomei, il quale si è fatto avanti, tutelato dall’anonimato, rivelando che quando salgono a bordo dei treni i macchinisti trovano i sistemi di sicurezza, quelli in grado di bloccare automaticamente il convoglio in caso viaggi a una velocità superiore ai limiti previsti dai segnali luminosi, già disattivati dall’azienda. La società Met.Ro, che gestisce le metropolitane di Roma, ricorrerebbe a questo espediente per far viaggiare più treni (uno ogni 90 secondi invece di uno ogni 3 minuti) e migliorare il servizio, nonostante l’aumento dei rischi. Le accuse del macchinista sono finite sui giornali e la Procura dovrà tenerne conto. Met.Ro, intanto, invita con un comunicato tutti i dipendenti al riserbo. Chi ha qualcosa da dire - sollecitano i vertici dell’azienda - vada dagli organi inquirenti preposti: «Se c’è qualcuno che è in possesso di provate informazioni su irregolarità nella gestione dei sistemi di sicurezza è bene che si rivolga al magistrato o al presidente della commissione d’inchiesta istituita dall’azienda, evitando di rilasciare dichiarazioni poco attendibili e anonime». La società di trasporto, dunque, prova così a tirarsi fuori d’impaccio, senza entrare nel merito delle accuse, contrattaccando. «Con il nostro comunicato - replica Massimo Bianchini, responsabile della comunicazione di Met.Ro - siamo già nel merito. Finché nessuno risponde al nostro invito di rivolgersi al magistrato argomentando le proprie critiche, allora resta valido quanto già affermato dal presidente Stefano Bianchi, e cioè che non c’è nessuna anomalia». Se i sistemi di sicurezza erano azionati e il treno non viaggiava oltre i 15 chilometri orari previsti dal rosso «permissivo» che il convoglio aveva incontrato poco prima dello schianto, potrebbe essere stata una disattenzione del macchinista a provocare la tragedia oppure un guasto tecnico, magari ai freni, visto che lo stesso treno guidato da Tomei aveva avuto un incidente in fase di collaudo, nell’aprile del 2005, quando abbattè i respingenti di fine corsa del deposito di Osteria del Curato. Sarà la consulenza tecnica che verrà disposta dalla Procura ad accertare se qualcosa sul treno o nella catena di comando non ha funzionato o se a sbagliare è stato il macchinista.
Per conto suo, ancora sotto choc dopo essere stato dimesso dall’ospedale, l’avvocato Giorgio Robiony ieri spiegava: «Se Tomei è rimasto nella cabina di guida - spiega il legale - significa che non ha avuto la percezione che il treno non si stesse fermando. La mia è soltanto una deduzione, frutto di un ragionamento logico. Io non credo che possa essersi distratto, mi risulta che guidi i treni della metro da diversi anni, che conosca a memoria il percorso, ben sapendo che quel tratto particolare della metro richiede una particolare attenzione. Non dimentichiamoci che le comunicazioni dei macchinisti con la sala operativa sono continue.

Di certo non andava a velocità elevata, altrimenti avrebbe distrutto il treno fermo».
Ieri l’autopsia sul corpo di Alessandra Lisi ha confermato che la giovane ricercatrice è morta per lo sfondamento della scatola cranica. Oggi alle 15 i funerali nella chiesa di San Bartolomeo, a Pontecorvo.

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