Silvio-Giulio, la tregua ora passa da Bankitalia

Tremonti punta su Grilli al posto di Draghi, nonostante le perplessità del Quirinale. Berlusconi sulla Marcegaglia: è un’ingrata

Silvio-Giulio, la tregua 
ora passa da Bankitalia

Roma - La versione a uso e consumo dei media è che «non c'è stato bisogno di fare la pace perché mai c'è stata alcuna guerra ma solo “marette” inventate dai giornali». Un concetto su cui avrebbero convenuto sia Silvio Berlusconi che Giulio Tremonti nelle due ore di faccia a faccia a Palazzo Grazioli alla presenza di Gianni Letta. Premier e ministro dell'Economia, insomma, mai avrebbero imbracciato l'un contro l'altro l'armi se non fosse per i maliziosi resoconti dei giornali.
In verità, che i due siano ai ferri corti da mesi l'hanno visto anche i ciechi e l'hanno sentito pure i sordi. Però, incomprensioni a parte, sono anche consapevoli del fatto che nessuno può fare a meno dell'altro. Perché con il governo sotto attacco su mille fronti e la crisi economica un cambio a Via XX Settembre sarebbe complicato per il premier e perché al netto dell'affaire Milanese e delle tante simpatie conquistate negli anni tra i colleghi di governo anche per il cosiddetto superministro sarebbe difficile lasciare. Tregua, dunque.
Un deporre le armi che passa per la nomina del futuro governatore della Banca d'Italia visto che l'uscente Mario Draghi dall’1 novembre andrà a presiedere la ben più prestigiosa Bce. Che in corsa ci siano «l'interno» Fabrizio Saccomanni (gradito a Giorgio Napolitano e a Draghi) e il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli (appoggiato da Tremonti) non è una novità. Che il ministro dell'Economia abbia deciso di giocare in contropiede e sostenere il suo uomo in tutte le sedi invece lo è.
Già, perché ieri Tremonti avrebbe rilanciato su Grilli prima nel faccia a faccia al Quirinale e poi nell'incontro a Palazzo Grazioli con il premier. Con un certo fastidio di Napolitano, da sempre più incline a nominare Saccomanni e trovando invece una qualche sponda in Berlusconi. L'unico dubbio del Cavaliere sul direttore generale del Tesoro, infatti, è sempre stato il suo rapporto privilegiato con Tremonti. Per il resto, nessuna preclusione personale. E se il via libera passasse dunque per un'intesa complessiva, il premier - che lunedì durante una cena con degli imprenditori affondava ancora colpi su quella «ingrata» della Marcegaglia - sarebbe anche disposto a ragionarci su.
Un accordo che prevede che il ministro dell'Economia inizi a dare più spazio alla collegialità. Non con una cabina di regia vera e propria a Palazzo Chigi, che per Tremonti sarebbe un colpo d'immagine difficile da incassare. Ma garantendo che Letta abbia i suoi ampi margini di interdizione per farsi portatore delle richieste dell'intero governo. Richiesta su cui si sarebbe trovata un'intesa se già questa mattina sarà lui a presenziare all'incontro tra Tremonti e le parti sociali in programma al Tesoro per discutere delle misure per lo sviluppo. Tramonta la cabina di regia, dunque, ma si rafforza la collaborazione tra Via XX Settembre e il resto del governo. E riprendono terreno le quotazioni di Grilli come futuro governatore della Banca d'Italia quando fino a ieri era dato per sicuro sconfitto nella corsa con Saccomanni. Resta il fastidio del Quirinale che Napolitano avrebbe manifestato direttamente a Tremonti. E pure quello - piuttosto scontato visti i rapporti - di Draghi. Il che, ovviamente, non è certo un dettaglio.

Anzi, secondo molti il Colle e il futuro presidente della Bce avranno buon gioco a stoppare la corsa di Grilli. Che ieri sera è stata argomento di conversazione anche alla cena a Palazzo Grazioli con Berlusconi, Bossi, Tremonti, Calderoli, Letta e Alfano.

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