Silvio non teme l’ultimo agguato: "Una farsa, sempre io nel mirino"

Berlusconi non si scompone per il tentativo dei giudici di trasformarlo da vittima a indagato. E ai suoi dice: "Non è una novità, per questi pm più ce n’è meglio è..."

Silvio non teme l’ultimo agguato: "Una farsa, sempre io nel mirino"

Roma «Non è certo una novità... Ormai ragionano in termini di quantità... E per loro più ce n’è e meglio è». La decisione del tribu­nale del Riesame di Napoli non scuote più di tanto Silvio Berlu­sconi. D’altra parte, che sin dal­l’inizio l’inchiesta dei pm Woo­dcock, Curcio e Piscitelli puntas­se contro di lui non l’ha scoperto certo ieri. Quello della «parte offe­sa » - in quanto presunta vittima dell’estorsione di Tarantini e La­vitola - ha sempre saputo che era solo un «pretesto» per condurre un’inchiesta nei suoi confronti la­s­ciandolo in una posizione più de­bole di quella dell’indagato, visto che né le persone informate dei fatti né le parti lese possono avva­lersi di alcune «garanzie» che ha invece chi è indagato, come per esempio la facoltà di non rispon­dere.

Per capirci, se il premier fos­se stato sin dall’inizio «indagato» non gli avrebbero mai potuto «mi­nacciare » l’accompagnamento coatto con conseguente proflu­vio di titoli di giornali su tutta la stampa internazionale. Nessuna sorpresa, dunque, che il Riesame ridisegni l’inchiesta della Procu­ra di Napoli, ipotizzando quello scenario su cui in verità i pm han­no sempre puntato: da parte offe­sa il premier dovrebbe essere in­dagato per aver indotto l’impren­ditore barese a riferire il falso ai magistrati. Questo dicono i giudi­ci del Riesame. E sai che novità.

Ecco perché Berlusconi non si scompone più di tanto, perché più che un’inchiesta «siamo da­vanti ad una farsa» con un magi­strato di Napoli che dice ad altri magistrati di Napoli che per mesi hanno sbagliato tutto ribaltando l’inchiesta. Moltiplicando,per al­tro, i procedimenti a carico del Ca­valiere: gli atti dell’inchiesta sulle escort dovrebbero infatti restare a Roma, mentre quelli sulla pre­sunta istigazione a mentire do­vrebbero finire a Bari. Perché, ap­punto, in vista della sentenza di condanna in primo grado nel pro­cesso Mills (che potrebbe arriva­re a novembre)- chiosa in privato Berlusconi - «più ce n’è meglio è...».

Altre inchieste, dunque, e altre fughe di notizie che il premier dà assolutamente per scontate. Ed è per questo che ancora ieri il Cava­liere ha ribadito l’intenzione di andare avanti con il ddl intercet­tazioni. O approdando ad un nuo­v­o testo che ricalchi in buona par­te il ddl Mastella, oppure appro­vando il disegno di legge Alfano già alla Camera.Un ddl,quello fir­mato dall’ex ministro della Giusti­zia, su cui - spiega il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia Enrico Costa- non esistono limiti tecnici all’emendabilità.

È l’unico modo,secondo Berlu­sconi, per mettere un freno a pm che ormai «operano fuori dalla legge» come dimostra il fatto che «volevano sentirmi come parte le­s­a pur essendo nei fatti io il bersa­glio della loro inchiesta». Per non parlare di quello che per il pre­mier è l’ennesimo paradosso.

La «moda», come la definisce il de­putato del Pdl Francesco Paolo Si­sto, di «aprire procedimenti a ca­rico del premier a prescindere da quello che dicono le vittime visto che sia Ruby che Tarantini nega­no di aver subito i reati che i pm ipotizzano».

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