Roma Il pranzo con i giocatori del Milan all’hotel Villa Phampili è l’unica parentesi di un sabato romano che Berlusconi passa interamente a Palazzo Grazioli. Nessuna visita, poche telefonate e sulla sua scrivania un via vai di agenzie di stampa per tenersi informato sulle polemiche del dopo decreto. Sulle quali il Cavaliere decide di tenere lo stesso atteggiamento degli ultimi giorni, quello del più assoluto silenzio. D’altra parte, è il senso del suo ragionamento, ci sarà tempo per raccontare come sono andate le cose e per affondare colpi su quei magistrati che hanno deciso di «usare i cavilli burocratici» per cercare di «escluderci dal voto» in due regioni italiane che contano quasi 15 milioni di italiani. Per il momento, però, è bene tacere. In attesa della decisione di domani del Tar sul Lazio e per non alimentare altre polemiche che andrebbero a colpire di sponda il Quirinale, da ieri bersaglio degli strali non solo di Di Pietro ma anche del Pd.
Già, perché se il leader dell’Italia dei valori arriva a chiedere l’impeachment di Napolitano, il partito di Bersani scende in piazza al Pantheon e annuncia una grande manifestazione unitaria di tutta la sinistra per sabato prossimo. La dimostrazione, chiosa Berlusconi nelle sue conversazioni private, che «il capo dello Stato è super partes solo quando gli conviene». Secondo il premier, invece, in questa occasione si è riuscita ad instaurare con il Colle una «costruttiva collaborazione». Tanto che dalla distanza siderale di giovedì mattina si è riusciti ad arrivare alla mediazione di venerdì sera sul decreto interpretativo. Un «confronto positivo», dice ai suoi il Cavaliere, che «mi auguro possa continuare». A difendere pubblicamente Napolitano è invece Fini, che dopo aver sostenuto con forza il decreto lo definisce «il male minore». Poi il presidente della Camera bacchetta sinistra e destra, perchè «non deve tirare in ballo il Capo dello Stato, quella parte di opposizione che lo accusa di essere di parte o di comportarsi come Ponzio Pilato» e «non deve quella parte della maggioranza che si nasconde dietro la sua firma per dire che la firma è la prova della bontà del dl».
L’alzata di scudi dell’opposizione, invece, Berlusconi la considera «del tutto scontata». Come era «prevedibile» che il Pd sarebbe rimasto al traino di Di Pietro che ha sparato ad alzo zero sul Quirinale. Avessi usato io quei toni e quelle espressioni - ragiona con i suoi il Cavaliere - mi avrebbero crocefisso. Tutte considerazioni che il premier preferisce tenere per sé, proseguendo in un silenzio che va avanti ormai da giorni con l’eccezione della telefonata di venerdì sera a un comizio di Rocco Palese, il candidato governatore in Puglia. Per parlare, ripete ai suoi, «ci sarà tempo». Già, perché Berlusconi si prepara ad una campagna elettorale a tamburo battente. E uno dei cavalli di battaglia sarà proprio la protesta del Pd che, dirà il Cavaliere, «pur di vincere avrebbe voluto correre senza sfidante». Un’opposizione, insomma, disposta a conquistare la guida di regioni chiave del Paese non con una legittimazione democratica ma «aggrappandosi a cavilli burocratici».
Berlusconi, dunque, è pronto a scendere in campo. Per dire che se è anche c’è stata qualche sbavatura nella presentazione delle liste, di certo è strano che solo quelle del Pdl siano state a rischio esclusione. Puntando ancora una volta il dito sulla magistratura, perché - è il suo ragionamento - dopo le tante inchieste della procura di Milano contro il premier e quella di Firenze per colpire l’immagine del governo del fare, ora la magistratura ha concentrato la sua attenzione sulle liste elettorali del Pdl. Un modo per cercare di limitare il rischio di una aumento dell’astensionismo tra gli elettori del Pdl, conseguenza proprio del caos liste di questi giorni.
Oggi, intanto, Berlusconi interverrà telefonicamente a una manifestazione di Stefano Caldoro a Napoli, mentre in settimana dovrebbe essere a Bari. Dove Fitto sta insistendo per organizzare un vero e proprio comizio, mentre a Palazzo Grazioli continuerebbero a preferire - anche per ragioni di sicurezza - la formula già adottata a Torino (conferenza stampa più cena elettorale).
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