Roma - Una tempesta che spazza via molte certezze. Il clima che si respira in casa Cgil dopo gli arresti di ieri è pesante. Si fatica a comprendere e ci si interroga sul perché otto dei quindici componenti delle cellule del Partito comunista politico-militare in stato di fermo fossero iscritti al sindacato guidato da Guglielmo Epifani (5 alla Fiom, uno alla Filt, uno alla Filcem e uno alla Slc). E l’imbarazzo traspare nel comunicato stampa diffuso nel tardo pomeriggio con il quale si annunciano i provvedimenti di sospensione cautelativa dei sindacalisti detenuti esprimendo «fiducia, sostegno e apprezzamento» per il lavoro delle forze dell’ordine. «Colpisce - si legge nella nota - la dimensione delle persone e dei territori coinvolti, la presenza di lavoratori e di delegati sindacali e anche la loro età. Tutto questo vuol dire che la lotta al terrorismo, alle sue propaggini e alle sue ramificazioni, va continuata con la massima energia e determinazione anche sul fronte sociale». «Piena fiducia nell’operato degli organi inquirenti» è la stessa formula adottata dalla Fiom, l’organizzazione dei metalmeccanici, la più toccata con gli arresti dei due fratelli Toschi, di Bortolato, di Scantamburlo e di Gaeta. Allo stesso modo viene ribadito dalla segreteria diretta da Gianni Rinaldini «l’impegno totale nella lotta contro il terrorismo e la violenza» e la «solidarietà sia alle vittime del terrorismo sia a chi da esso viene minacciato». Per domani è stata convocata un’assemblea provinciale a Padova di tutti i delegati per sottolineare il rifiuto totale del terrorismo «nemico delle lotte dei lavoratori e della democrazia». Ma, contestualmente, sono state confermate tutte le iniziative e le mobilitazioni compresa la partecipazione alla manifestazione di sabato a Vicenza contro l’allargamento della base Usa.
Certo, la riunione di ieri degli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil per la stesura del documento unitario da presentare ai tavoli di confronto con il governo ha monopolizzato la prima parte della giornata. Ma a corso Italia non si è sottovalutato il fatto che all’interno delle organizzazioni di Padova, di Torino e di Milano alcuni iscritti, anche se di secondo piano, nel tempo libero progettavano sequestri e attentati, gestivano arsenali, svolgevano esercitazioni paramilitari e avevano nel mirino, oltre a Silvio Berlusconi, anche Pietro Ichino, il giuslavorista che si è sempre battuto contro i «fannulloni» nell’amministrazione pubblica e contro l’eccessiva preponderanza del sindacato nella contrattazione. Un obiettivo sensibile in una fase nella quale Guglielmo Epifani cercava di tessere una trama di caute aperture alla mobilità dei dipendenti pubblici e alla riforma della previdenza.
«L’iscrizione alla Cgil è probabilmente una copertura», si mormora negli ambienti sindacali che stentano a farsene una ragione. «Non erano neanche noti per posizioni radicali», ha detto Giorgio Cremaschi, leader della sinistra cigiellina. «Inviteremo gli iscritti alla vigilanza per estirpare il germe della violenza», commenta il segretario della Cgil Piemonte, Vincenzo Scudiere.
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