Il sindacato scopre il Sabelli «moralizzatore»

Dopo la giornata rovente di lunedì - durante la quale è stato paralizzato il traffico dell’Alitalia da e per Fiumicino a causa di un’assemblea dei dipendenti di terra degenerata in manifestazione di protesta - sembra essere caduto un tabù: finora la dialettica sindacale all’interno della nuova compagnia era stata tenuta sotto controllo, lunedì invece la cancellazione di oltre 100 voli ha allarmato gli italiani. Ci si chiede: la nuova Alitalia è fatta della stessa pasta di quella vecchia? I dipendenti sono nuovamente in grado di tenere in scacco l’azienda? Finora i tanti scioperi annunciati (uno è annunciato per mercoledì prossimo) sono sempre rientrati o hanno consentito all’azienda di appianare i disagi per i passeggeri. Lunedì no: le cose sono sfuggite di mano. E tutti s’interrogano: ci saranno altri scioperi camuffati da assemblea - com’è avvenuto - o gli animi si tranquillizzeranno? Negli ambienti di Fiumicino si registra una certa fiducia: sulle questioni che hanno avvelenato la giornata di lunedì c’è la convinzione che sarà trovato un accordo. E anche le dichiarazioni sindacali appaiono più distese.
Ieri l’ad Rocco Sabelli ha inviato una relazione al ministro dei Trasporti Matteoli nella quale ha sottolineato come «l’applicazione del nuovo contratto di lavoro è e verrà improntata alla rigorosa osservanza degli impegni sottoscritti con le parti sociali». Al «massimo rispetto per i diritti dei lavoratori» egli accomuna e richiama «i diritti dei passeggeri, che devono essere informati preventivamente, ricevere un servizio dignitoso, ottenere assistenza». Sabelli è molto netto: «Il rispetto di tali diritti rappresenta oggi, per Alitalia, una battaglia di civiltà che è doveroso combattere».
Perché questi toni da «battaglia di civiltà»? La risposta sta nei nodi non sciolti nell’assemblea di lunedì. Quel giorno, il 16 novembre, entrava in vigore, in base agli accordi, il nuovo orario di lavoro per il personale di terra; e, con esso, l’uso del tesserino aziendale per l’accesso in mensa. Su questo - una novità che nemmeno la vecchia Alitalia era mai riuscita a introdurre, un fatto che per Sabelli è di «normalizzazione e moralizzazione» - c’è stata forte resistenza da parte dei lavoratori che finora, non timbrando alcunché, non erano sottoposti ad alcun controllo sui tempi della pausa. Usare il tesserino è un profondo rinnovamento nei rapporti di trasparenza.
A questo fatto, se n’è aggiunto un altro. Lunedì entrava in vigore un aumento dell’orario di lavoro di 12 minuti, e questo era pacifico. L’azienda ha contestualmente accordato ai lavoratori 15 minuti di pausa (extra lavoro, quindi) per raggiungere la mensa; i sindacati l’hanno considerato, con sorpresa, un ulteriore aumento dell’arco di lavoro. Su questo equivoco, forse strumentalizzato, si è alimentata la protesta di lunedì. Ieri si sono appresi nuovi particolari. I lavoratori partecipanti all’assemblea hanno addirittura sfondato la porta d’ingresso agli uffici dell’Alitalia, e per i danni l’azienda ha sporto denuncia - come riferito da Sabelli a Matteoli - all’autorità giudiziaria.
Da un incontro, nella stessa serata di lunedì, tra le parti, è venuta la decisione di sospendere altre assemblee già in programma per martedì e mercoledì.

Ma, vista l’incertezza della situazione, il prefetto di Roma ha provveduto ugualmente alla precettazione dei lavoratori. E i 15 minuti da e per la mensa? L’azienda è disponibile a discuterne, il sindacato - pare - anche. Ma col tesserino - sembra dire, implicitamente l’Alitalia - una «battaglia di civiltà» è già stata vinta.

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