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Il sindaco anti mafia faceva affari col capo dei mafiosi

Il sindaco anti mafia faceva affari col capo dei mafiosi

TrapaniIl sindaco dalla doppia faccia: paladino della legalità sempre in prima fila nelle iniziative antimafia e «espressione politica» della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente una delle più attive del mandamento di Castelvetrano, nel trapanese, ritenuta la roccaforte del ricercato numero uno Matteo Messina Denaro.
Ciro Caravà, 52 anni, vicino al Pd, alla guida della giunta di centrosinistra di Campobello dal 2006, anno in cui fu eletto in quota Democrazia europea, la formazione politica promossa dall’ex leader della Cisl Sergio D’antoni, è stato arrestato ieri assieme ad altre 10 persone nell’ambito di un’indagine dei carabinieri del Ros che punta a fare terra bruciata intorno al super latitante e che evidenzia l’inquietante rete di coperture e il capillare livello di penetrazione di Cosa Nostra in tutte le attività della zona, soprattutto nel mercato olivicolo. L’obiettivo degli inquirenti è quello di destabilizzare il meccanismo che continua a proteggere Denaro. Un insospettabile, Ciro Caravà, con le foto di Falcone e Borsellino in bella vista nel suo ufficio in municipio. Se nella sua veste di uomo pubblico parlava male della mafia per evitare di essere scoperto, subito dopo si preoccupava di far giungere ai vertici della famiglia le sue scuse per le espressioni usate contro i «picciotti» nelle occasioni ufficiali. Attentissimo a non offendere i suoi referenti, si sarebbe adoperato per favorirne gli interessi nel settore degli appalti pubblici ma anche per finanziare le spese per i colloqui dei parenti con i detenuti nelle carceri del Nord. È accusato, infatti, di aver pagato decine di biglietti aerei per le trasferte emessi dall’agenzia di viaggio di suo cognato. Emblematiche le parole della moglie di un boss intercettate dal Ros: «Ma tu lo sai quanti soldi abbiamo risparmiato in un anno? Lui, Ciro, ha detto “Vossia fino a quando va e viene dallo Zu Nunzio e sono sindaco io, biglietti non ne paga più, i biglietto glieli pago io due”. Manco mi fa aprire la bocca, ci telefono e glieli ordino». La facciata del primo cittadino era curata nei dettagli: il 2 agosto di ogni anno, per esempio, Caravà aveva deciso che si sarebbero organizzate iniziative contro la mafia. Una fragile copertura, secondo i pm, che hanno intercettato i fiancheggiatori di Denaro mentre rivendicavano di «aver portato un mare di voti» al sindaco. Che difatti era «ben conscio dei suoi inderogabili doveri di associato», scrivono i magistrati nella richiesta di arresto. Tra gli arrestati c’è anche un ex funzionario della prefettura di Trapani che nel 2008 paventava il commissariamento del comune perché Caravà a suo dire si era esposto troppo facendo entrare nel suo staff la moglie di un mafioso: «I soldi, le tangenti, ce li portano a casa. A me dispiace perché quel cretino pensava che dicendo antimafia si salvava». Le iniziative di facciata contro le cosche non sono bastate a coprirlo. E ora Denaro è sempre più solo. Anche se per gli inquirenti c’è chi continua a considerarlo un «mito».

Come emerge da un’intercettazione in cui un operaio dice al suo interlocutore: «Mi piacissi favorire a latitanza di Messina Denaro».

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