Il 77% di imprese francesi usano il francese come lingua di lavoro ma non mi sembra un successo di cui vantarsi. Però i francesi perlomeno si pongono il problema, si appoggiano sul fattore culturale che è sempre un punto di forza e non solo per il francese al quale litaliano non ha nulla da invidiare. Nel corso dei miei viaggi di lavoro per la cooperazione con lAmerica Latina ma anche in altre parti del mondo, meno affini alla nostra cultura, quali la Corea, Macao, Taiwan, sono sempre stata sorpresa dal fascino che la sola parola Italia e italiano esercitavano sui miei interlocutori. In qualsiasi Paese, a volte in piccoli villaggi sperduti, il fatto di essere italiana ha sempre costituito un biglietto da visita di qualità ma gli italiani non sanno far niente di questo prestigio culturale e umanistico che ci è universalmente riconosciuto, al contrario, sono felicemente incamminati sulla via dellautodistruzione.
Il nostro è un Paese che tende al sottosviluppo linguistico e culturale con i diplomi da spendere immediatamente sul mercato del lavoro, con le realities, con i vari programmi per raccomandati, dichiarati o no, fatti in famiglia, con le fiction e con linsieme di un serraglio televisivo autoreferente che sta inventando una nuova lingua, con i computer e linglese ai bambini delle scuole elementari e la messa allindice del latino, del greco, della dimensione umanistica della scuola, dellobiettivo fondamentale della pubblica istruzione di formare il cittadino, di aiutare i giovani ad acquisire uno spirito speculativo, una coscienza capace di scegliere tra il bene e il male, di oltrepassare il limite angusto del propio benessere e porsi il problema dellinteresse generale, nel rispetto delle nostre radici, della nostra identità, della civiltà costruita nei secoli.
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