Siniscalco: con l’euro risparmiati 80 miliardi di interessi sul debito

«Nel Dpef privilegeremo gli investimenti, non la spesa corrente»

Siniscalco: con l’euro risparmiati 80 miliardi di interessi sul debito

Gian Battista Bozzo

da Roma

Il prossimo Dpef privilegerà la spesa per gli investimenti e le infrastrutture alla spesa corrente perché «l’Italia deve tornare a crescere». Al rientro dalla riunione Ecofin di Lussemburgo, e soprattutto all’indomani della procedura per deficit eccessivo decisa dalla Commissione Ue a carico del nostro Paese, Domenico Siniscalco guarda al futuro. In un’intervista radiofonica prima, e alla Camera poi, il ministro dell’Economia conferma che in luglio non ci sarà nessuna «strangolatina», nessuna manovra sui conti di quest’anno, mentre arriveranno «misure per lo sviluppo e il risanamento» con il Dpef e con la legge finanziaria.
Ma c’è stato un certo accanimento della Commissione nei confronti del nostro Paese? La procedura è stata decisa sulla base di uno o due decimali di disavanzo in più. Siniscalco rileva che la revisione dei criteri della contabilità pubblica operata da Eurostat «è opinabile e ci ha un po’ sorpreso: sembra che abbiano voluto proprio metterci in questa condizione, alzando il deficit dal 2,7% al 3,2%. Ma non importa - aggiunge - : siamo in questa procedura, cerchiamo di negoziare al meglio il sentiero di rientro».
In fondo, questa la tesi di Siniscalco, la procedura Ue potrebbe rappresentare un’opportunità. «I tempi della finanza creativa sono finiti. Dobbiamo smettere di fare le cose urgenti, come agire sullo 0,1-0,2% del deficit, e concentrarci invece - dice il ministro dell’Economia - sulle cose importanti: il sistema produttivo privato e la finanza pubblica. E se quest’anno si sforerà il 3% di disavanzo non ci deve essere nessuna ansia da cosmesi di bilancio».
L’obiettivo di Siniscalco appare dunque un rientro morbido dal deficit, spalmato in due-tre anni, nell’ambito di un percorso concordato con Bruxelles. «Lo stesso Almunia - aggiunge, riferendosi ad un’intervista del commissario europeo - non ci chiede una manovra correttiva, ma una buona legge finanziaria». E intanto, «è ora di dare una spinta ai lavori pubblici»: per la realizzazione di infrastrutture saranno aperti a breve 84 nuovi cantieri stradali, in aggiunta ai 336 già in corso, ed ai 445 chilometri di nuove strade realizzate.
Non drammatizzare la procedura Ue, è la parola d’ordine nel governo. «Non c’è assolutamente da preoccuparsi - afferma Gianfranco Fini - : l’unica doverosa preoccupazione è per l’andamento dell’economia, non solo in Italia ma in tutta Europa. L’Italia - aggiunge il ministro degli Esteri - ora si trova nelle condizioni di Francia e Germania, che da tempo sono state avvertite». Secondo Marco Follini, il richiamo della Commissione non può essere interpretato come un’interferenza impropria. «Concordo con Siniscalco: non si deve drammatizzare, né minimizzare. L’Europa - spiega il segretario dell’Udc - non muove guerra all’Italia, e noi non dobbiamo muovere guerra all’Europa». Sia Fini che Siniscalco sbarrano poi la strada alle nostalgie della lira: «Non possiamo tornare indietro, avremmo costi spaventosi», dice il vicepremier, e Siniscalco fa anche i numeri: senza l’euro pagavamo 5 punti percentuali di differenziale dei tassi, questo significa che oggi il costo degli interessi sul debito balzerebbe a 70-80 miliardi di euro, «una cifra incommensurabile».
Il ministero dell’Economia affina intanto le controdeduzioni da presentare, fra una quindicina di giorni, al Comitato economico finanziario (Cef) della Ue, che deve esaminare la congruità della procedura decisa dalla Commissione nei confronti dell’Italia.

La Commissione riesaminerà quindi il caso nella riunione del 29 giugno, e infine la «pratica Italia» finirà sul tavolo del consiglio Ecofin del 12 luglio, il primo sotto presidenza di turno britannica. Già domani, Siniscalco incomincerà a discutere la questione con il cancelliere dello Scacchiere britannico Gordon Brown, e coi ministri delle Finanze tedesco e francese, durante i lavori del G7 a Londra.

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