La sinistra arriva a negare persino i diritti civili

Ancora una volta, paradossalmente, la sinistra italiana purtroppo non si smentisce, anche se ad un prezzo assai alto: rinnegare la propria storia di appassionata difesa dei diritti civili.
I fatti. Nel corso di un procedimento penale intentato nei confronti di due operai di Pinerolo, accusati in un primo tempo di abuso edilizio e poi, nel corso del dibattimento, di un ulteriore reato - quello di violazione paesaggistica - la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi, ha stabilito, con una sentenza di alcuni mesi or sono, che in casi del genere occorre riconoscere all’imputato un termine a difesa allo scopo di poter decidere se chiedere il rito abbreviato per il nuovo reato contestato: questo termine va stabilito peraltro dalla legge.
Ecco allora che il governo sta per varare un provvedimento per misurare quel termine in un certo numero di giorni, 45, 60 o 90 che siano (e tuttavia è notizia delle ultime ore che il governo avrebbe preferito rinunciarvi, perché ritiene superfluo il provvedimento). Apriti cielo! Come sempre in casi del genere, gli esponenti politici della nostra sinistra, oltre che i giornali ad essa vicini, hanno dato inizio al solito rito dello stracciarsi le vesti gridando allo scandalo contro un governo che starebbe per varare, secondo loro, un decreto «blocca-processi», naturalmente confezionato ad uso e consumo, manco a dirlo, di Berlusconi.
Vediamo allora un po' di capirci qualcosa. Innanzitutto, la decisione della Consulta appare ineccepibile per il semplice motivo che se uno si vede accusare in giudizio di un reato nuovo, prima non contestato, è naturale che chieda di essere posto nella condizione giuridica che gli consenta di poter esercitare i propri poteri processuali nella loro pienezza, primo fra tutti quello di chiedere che si proceda con rito abbreviato (il che consente, fra l’altro, uno sconto di pena).
Per consentire questo pieno esercizio di poteri processuali, è necessario dunque concedere all’imputato un ragionevole lasso di tempo per poter fare le proprie valutazioni in proposito, in accordo con il difensore e dopo aver bene ponderato la consistenza della nuova accusa e il correlato materiale probatorio già raccolto: è naturale che occorra qualche settimana, sei, sette, otto non fa molta differenza.
Si tratta perciò, a ben guardare, non di una sospensione vera e propria del processo - come alcuni ripetono in senso critico e come il codice vigente potrebbe far intendere - ma della semplice e necessaria concessione all’imputato di un termine a difesa, allo scopo di approntare un’appropriata strategia per contrastare le nuove accuse che gli vengono rivolte, per la prima volta in dibattimento: in esito a tale concessione, il Tribunale «sospende» il procedimento in attesa che egli decida se chiedere il rito abbreviato. Nulla di sovversivo dell’ordine costituito insomma, nulla di eccezionale, ma la semplice previsione di un termine alla difesa per valutare la situazione.
E tuttavia, se sorprendono le geremiadi che si sono sollevate in questi giorni da parte della sinistra, molto di più sorprendente è che esse provengono da quella parte politica che dovrebbe portare inscritto nel proprio dna politico, ideologico e storico la tutela dei diritti civili fondamentali in ogni loro espressione.
Come è facile vedere (non occorre essere giuristi), è difficile, per non dire impossibile, negare al diritto di difesa consistente nello scegliere o no il rito abbreviato la qualità di ciò che in sede di rivendicazione politica ben potrebbe definirsi diritto civile. La sinistra dovrebbe perciò salutare queste previsioni con grande partecipazione e convinzione, invece di scagliarsi contro con tale veemenza.
Siamo in presenza - bisogna pur ammetterlo - dell’ennesima prova di come la sinistra italiana abbia tradito se stessa, le proprie origini, la propria stessa identità. Non per nulla un mio zio, da poco scomparso, pur essendo stato nel dopoguerra accanito sostenitore dell’estrema sinistra (era stato uno dei fondatori, in sede locale, del Psiup che stava ancor più a sinistra del Pci), divenne uno dei più convinti sostenitori di Forza Italia, subito dopo la fondazione.
Egli, da vero innovatore, aveva visto che la vera novità e la vera carica «rivoluzionaria» oggi sta dalla parte del Pdl e non dalla parte della sinistra, ormai avvitata su se stessa e dimentica del tutto del ruolo storico che era stata chiamata a svolgere: e si regolava di conseguenza.

Bisognerebbe che qualcuno avvertisse Bersani di questo piccolo particolare: in Italia siamo senza la sinistra del progresso e della innovazione. Ne abbiamo soltanto una della conservazione e dell’avvilimento dei diritti civili: e non basta.

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