Comunque vada a finire le riforme caldeggiate dalla Bce e dall'Eurotower vanno portate in parlamento e approvate, quanto prima. Il problema è che questo passaggio non è affatto chiaro all'opposizione che attualmente sta lavorando unicamente per mandare a casa il premier Silvio Berlusconi. La linea del Pd è piuttosto chiara: licenziare l'attuale esecutivo e mettere su un governo tecnico. Tuttavia, se da una parte c'è chi, come il governatore della Puglia Nichi Vendola, che si rifiuta di appoggiare la strada che porta a un governo tecnico, dall'altra c'è chi, come il leader dell'Idv Antonio Di Pietro, che invece fa sapere che si rifiuta di approvare tout court il pacchetto di misure anti crisi contenuto nella lettera della Bce. Una sorta di impasse che, qualora al centrosinistra riuscisse il colpo di mano, aggraverebbe la situazione economica dell'Italia.
Per quanto il segretario del Pd Pierluigi Bersani ci tenga a dare l'immagine di un centrosinistra unito. Il fatto è che, all'indomani di Vasto, l'opposzione si è frazionata in svariate correnti tenute insieme unicamente dalla missione di mandare a casa il governo. Se il Partito democratico deve fare i conti al suoi interno con i rottamatori guidati da Matteo Renzi, i giovanissimi che chiedono una rinnovata politica economica (diversa da quella proposta da Stefano Fassina) e i veltroniani che spingono contro il leader, la coalizione non è ancora riuscita a trovare l'accordo su un programma comune: da Di Pietro a Vendola, le spine nel fianco di Bersani iniziano a fare davvero male. Di fronte al precipitare della crisi economica e all'ipotesi (rilanciata ieri da Enrico Letta) di un
governo di emergenza, che ha subito trovato consensi nelle file del Pd e dell’Italia dei Valori, il leader del Sel ha ribadito il proprio "no".
"L'idea del governo tecnico, di una risposta emergenziale, non risolve il problema - spiega Vendola in una intervista all'Unità - siamo di fronte ad una crisi lunga, strutturale, direi di modello". Il governatore pugliese vuole, infatti, una sorta di rivoluzione economica, azzerando quelle proposte tecniche che valuta "in assoluta continuità con le politiche economico-sociali che hanno generato la crisi". Da qui i "no" di Vendola: no alla stretta sul welfare, no all’austerità, no ai tagli. "Se un governo di emergenza dovesse vedere la luce, il nostro atteggiamento sarà negativo ammonisce il leader del Sel - non esistono ricette neutre. Quello che ci rende così vulnerabili agli speculatori - conclude Vendola - è l’opacità della politica, l’autoreferenzialità di una classe dirigente barricata nei suoi fortini".
Anche Di Pietro non è un fan sfegatato del governo tecnico. Ma sarebbe anche disposto a mandarlo giù pur di cacciare il Cavaliere da Palazzo Chigi. Come sarebbe anche disposto a fare un passo indietro alle primarie e appoggiare la candidatura di Bersani pur di sbarrare la strada a Matteo Renzi. Tuttavia, l'ex magistrato di Pani puliti non è disposto ad accettare i diktat della Bce: se va al governo, farà a modo suo. "Mi auguro che alcune delle cose scritte nella lettera alla Bce non si realizzino - spiega il leader Idv - noi le riteniamo macelleria sociale". E avverte: "Questa idea che la lettera di Trichet e Draghi sia il Vangelo, noi la rifiutiamo. Una cosa è far quadrare i conti, un'altra cosa è che a far quadrare i conti siano sempre i poveri cristi, i pensionati e i lavoratori". Per questo Di Pietro non è convinto fino in fondo nell'appoggiare il governo dell’emergenza "a tutti i costi": "In democrazia esiste una cosa a cui ricorrere in questi casi: le elezioni. Siano i cittadini a decidere chi deve governare".
Nonostante le continue divisioni, Bersani e compagni vanno avanti per la propria strada. Nuovi giro di incontri al Quirinale.
Nel primo pomeriggio è toccato al Terzo Polo a far visita al capo dello Stato Giorgio Napolitano. Dopo aver ricevuto Italo Bocchino, Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini, il presidente della Repubblica ha visto anche Bersani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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