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Sirena: "Giocavo a tennis e il mare mi ha portato via"

Lo skipper di Luna Rossa rivela la prima passione e confida: "Ho rimosso le 2 coppe già vinte. Conta solo con l'Italia"

Sirena: "Giocavo a tennis e il mare mi ha portato via"

Finalmente, il momento tanto atteso è arrivato. Domani si comincia. In questi giorni non è mancato nulla, ad Auckland, tra Covid, accese discussioni tra i team partecipanti e terremoti violentissimi, ma, ora, le barche scenderanno in acqua per contendersi la leggendaria Coppa delle Cento Ghinee e lo sport si riprenderà il suo ruolo naturale di protagonista. Max Sirena, skipper e direttore del Luna Rossa Prada Pirelli Team, ostenta tranquillità e sicurezza. «Noi ci sentiamo super preparati» esordisce, «ci siamo allenati tantissimo, anche in questi giorni. Peraltro, il risultato con questa tipologia di barche non dipende solo dalla motivazione e dalle capacità velistiche degli uomini ma, in percentuale crescente, dalla tecnologia messa in campo. Se le barche, noi e New Zealand, dimostrano performance simili, mi sento molto, molto forte e fiducioso, rispetto a loro. Sono due mesi che non regatano e noi, invece, da dicembre siamo cresciuti nell'ordine del 10/15% nelle prestazioni, ed è tantissimo».

Sirena ha vinto due volte l'America's Cup, con compiti diversi, per gli Stati Uniti nel 2010 e, proprio per la Nuova Zelanda nel 2017, dimostrandosi un professionista ineccepibile, eppure: «Per noi italiani, come per i neozelandesi, la bandiera sulla barca è sacra. Io, personalmente, nella mia carriera, ho vinto tanto, a livello internazionale, in buona parte perché, al di là dell'essere bravo o meno bravo, ho avuto la fortuna di trovarmi nel posto giusto, al momento giusto e con le persone giuste. In quanto alla Coppa America, conquistata con gli americani e i neozelandesi, è come se non l'avessi vinta Voglio vincerla con l'Italia. Lo dico con il cuore».

E, in questo senso, Luna Rossa rappresenta veramente l'eccellenza italiana, è costruita per il 99% nel nostro Paese e per questo, quando si è trattato d'identificare l'official timekeeper ideale per il team, Max non ha avuto dubbi: «Quella con Panerai è stata una partnership da noi desiderata e rincorsa nel tempo. Per noi, l'orologio deve essere uno strumento di lavoro». Soprattutto nelle fasi di pre-partenza, quando, come sottolinea Max, «il consultarlo permette d'interpretare al meglio, osservando il tempo mancante allo start, la posizione della tua barca rispetto alla linea di partenza e a quella dell'avversario. In quei momenti se ne vorrebbe sempre di più ma, in Coppa America, si dice che l'unica cosa che non si può comprare è il tempo. E vale per tutti».

Sirena non è scaramantico perché «si vince o si perde se si è stati più o meno forti dell'avversario nelle situazioni di gara, o semplicemente perché si sono fatti meno errori. La fortuna c'entra poco e la scaramanzia diventa una perdita di tempo».

E dire che Max è stato un buon tennista, uno sport che ha aiutato molto lui, ragazzo irruento, nell'autocontrollo e nella gestione emotiva. «Praticavo contestualmente la vela» ricorda Sirena «e, a un certo punto il mare mi ha portato via».

E per fortuna.

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