Non fossero dei delinquenti sarebbero da ammirare per la dedizione: appena usciti di galera per una truffa a un commerciante di preziosi, si sono subito rimessi allopera per raggirare un avvocato. Il trucco, colpisce anche se non è una novità assoluta: una scrivania con dentro un complice che spostava da una cassetto allaltro mazzette di soldi veri e falsi. Un po come Totò che girava insieme allinseparabile Peppino attorno a un albero, per far credere alla vittima di far parte di una banda molto numerosa.
In ballo questa volta 127mila euro che un avvocato avrebbe dovuto versare in cambio di una prestito da 850mila euro. Il legale, milanese ma con studio a Lugano, aveva tra le mani un grosso affare ma era un po a corto di liquidità. Pertanto aveva fatto girare la voce che cercava soldi. E dopo un po viene contatto dagli emissari di un finanziatore pronto ad anticipargli la somma desiderata.
Dopo un paio di colloqui informali si arriva alla definizione delloperazione: noi ti prestiamo 850mila euro ma contestualmente alla consegna del denaro, tu ci versi il 15% dellintera somma, a titolo di garanzia e di pagamento degli interessi. Una strana transazione. Troppo strana. Così il legale si rivolge alle Fiamme gialle che gli suggeriscono di proseguire la trattativa.
E così laltro giorno arriviamo alla definizione del prestito. Appuntamento nella solita suite di un albergo di lusso in centro, dove lavvocato, che si presenta con un collaboratore, trova ad attenderlo due collaboratori del misterioso finanziatore seduti a una scrivania. E si comincia. L«ufficiale pagatore» estrae una mazzetta di fruscianti banconote da 500 euro le porge al cliente affinché possa controllarne lautenticità, le passa poi nella macchinetta contasoldi e quindi le ripone nel cassetto di sinistra. Poi da quello di destra estrae unaltra mazzetta che, dopo il solito giro, finisce nel tiretto. In realtà sotto la scrivania cera un terzo complice che grazie al fondo mobile dei cassetti continuava a far girare sempre la solita mazzetta autentica, che poi sostituiva quella falsa dove solo la prima e ultima banconota erano autentiche. A quel punto il «collaboratore» si qualifica come finanziere, fa intervenire i colleghi e scopre il giochetto.
Smascherata una maxi truffa alla Totò
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