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SOFFOCATI DALLE TASSE Leggi le lettere al Giornale ascolta la voce dei lettori

Strozzati dal Fisco, angosciati dall'ennesima scadenza. Sono un piccolo esercito di negozianti, artigiani, lavoratori autonomi, la cui vita si trasforma in un incubo a causa di Equitalia. Ascolta gli audio: Giulio MoiranoNicoletta Locatelli Mandaci la tua storia a segnala@ilgiornale.it

Strozzati dal Fisco, angosciati dall'ennesima scadenza di rate che li aspettano dietro l'angolo e che non danno tregua. Sono un piccolo esercito di negozianti, artigiani, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori. Persone la cui vita si trasforma in un incubo a causa di Equitalia, a cui ilGiornale.it ha chiesto di raccontare una storia, la propria.

Abbiamo selezionato alcune mail e due contributi audio tra le centinaia arrivate in redazione.

Audio / Giulio Moirano

Audio / Nicoletta Locatelli


La mia ditta è fallita. A 60 anni disoccupato, con 30mila euro di debiti

Mi chiamo Giulio M., ho 60 anni e sono della pro­vincia di Biella, in Piemonte. Per raccontare le mie disav­venture con il fisco ci vorrebbe molto spazio e tempo ma mi li­mito a fare un riassunto. Nel 1988 avevo una ditta con circa 100 dipendenti che lavorava per Telecom Italia. Telecom non ci ha pagato fat­ture per 500.000 euro, causan­do il fallimento della mia ditta. Sono iniziati i problemi con il fisco che hanno coinvolto me e la mia famiglia. Per lavorare ho rilevato un bar che gestivo con mio figlio. Le tasse eleva­te, sommate e una serie di co­sti troppo alti ci hanno indot­to, dopo 5 anni, a cedere il bar ma con un incremento del mio debito con Equitalia Se­stri. Altre imposte relative alla ca­sa si sono aggi­unte aumentan­do ulteriormente il debito ver­soEquitalia Sestri che ora am­monta a circa 30.000 euro. Adesso la situazione è la se­guente: ho 60 anni, non ho un lavoro e non lo trovo; non ho al­cun sussidio (disoccupazio­ne, mobilità, cassa integrazio­ne o altro); non ho soldi. Io ho la fortuna di avere un carattere forte e resisto a queste situazio­ni di stress ma capisco quanti, come il muratore che si è dato fuoco l’altro giorno a Bologna, non resistono e compiono ge­sti estremi. Non voglio aggiun­gere altro. 
Giulio M. 

Clienti in calo e tasse. Possiamo solo chiudere

Sono una commerciante, vi rac­con­to cosa tutto dobbiamo affron­tare ogni santo giorno per restare aper­ti. Ormai ci resta solo il necessario per sopravvivere. Vi elenco: affitto locale, acqua,telefono,internet,commercia­­lista, Inps, Tarsu, tassa «sull’ombra», quota associazione commercianti, commissioni bancarie sullo scoperto, assicurazioni furgone, bollo, Iva, ri­scaldamento... Qualcuno si chiederà «perché non abbassate la serranda»? Ma dove c... andiamo? Tutti a casa di Monti!
Violetta P. 

Per tirare a campare lavoro a ore, in nero

Mi chiamo Tiziana, ho 55 anni. Avevo un’attività nel settore al­berghiero a conduzione familiare. Nel 2004 ho subìto una truffa: ho perso tut­to. Lavoro, i risparmi di una vita, e da al­lora sto aspettando che un giudice mi faccia ottenere giustizia... nel frattem­po alla mia età non ho trovato lavoro e mi arrangio facendo ore in nero dove capita... ma non arrivo mai a metà me­se. Mi sono rivolta ai servizi sociali del Comune: le casse sono vuote. Inutile dirvi che l’idea di farla finita c’è ogni giorno... 
Tiziana (Bergamo)
 

Nove figli da crescere e niente assegni familiari

Io e mio marito insieme a un amico abbiamo aperto un piccolo nego­zio di materiale elettrico 6 ani fa. Abbia­mo rispettivamente 9 figli noi (cinque naturali, due adottati, due in affido) e 6 il nostro socio. Come artigiani non ab­biamo accesso agli assegni familiari. Il negozio non va bene e dovremo chiu­dere a breve. Ci sentiamo dimenticati e sfruttati. La grande preoccupazione è per mio marito che sente il peso di non riuscire a mandare avanti i figli ne­gli studi o fra un po’ nemmeno più a mantenerli. 
Marsca e Lorenzo G.

Per pagare gli arretrati venderò casa. Ho tentato il suicidio

Mi chiamo Paolo, sono un agente di commer­cio, lavoro da tanti anni, oltre quaranta, e ho sempre pagato tutte le tasse. Premetto che nel­la nostra categoria per avere il compenso provvisionale si de­ve tassativamente fare fattura. Le spese che si possono recupe­rare sono davvero limitatissi­me. Tre anni or sono, dopo una vita di sacrifici, ho deciso di comprarmi una casa, solo per migliorare la mia qualità di vita. Purtroppo ho fatto un in­vestimento errato, spendendo più soldi di quanti potevo spen­derne. Non sapendo come fa­re. Non ho pagato tasse, Inps, Irap ecc. ma denunciando re­golarmente ciò che dovevo al­lo Stato. Questa mi hanno det­to che si chiama «elusione» e non «evasione». Adesso lavo­ro per pagare cifre da paura per l’ufficio delle Entrate, ma soprattutto per pagare alcune cartelle a Equitalia. Non ce la faccio ad andare avanti, vorrei vender la casa, e con i soldi rica­vati estinguere il mio debito nei confronti dello Stato e del­la banca. Sono già due o tre volte che ho tentato di togliermi la vita. Ma lo Stato non può aiutare gente come me che non ha mai fatto frodi e rubato un centesi­mo, aiutarlo in qualche modo a superare questi momenti drammatici? Aiuto amici, vo­glio solo impiccarmi per la ver­gogna. 
Paolo C.

Rate negate. Ci mantengono papà e mamma pensionati

Racconto brevemente la storia mia e di mio marito. Nel 1978 all’età di 24 anni abbiamo avviato un esercizio commerciale. È andato beni­no negli anni fra alti e bassi, ma nel 2009 ci è arriva­ta una cartella esattoriale dall’Equitalia per tasse degli anni precedenti non pagate e non hanno ac­ccettato la rateizzazione perché mancavano alcune rate di una precedente rateizzazione (per la quale avevamo stipulato una polizza fidejussoria costa­taci 4.500 euro). L’assicurazione che ci aveva fatto la polizza non si trovava più e quindi la colpa era no­stra. Morale, ci hanno sequestrato i crediti da ri­scuotere e la merce in casa, con difficoltà quindi a pagare i fornitori e nel 2011 c’è stata la dichiarazio­ne di fallimento della Snc. Quindi dopo 33 anni di lavoro ci hanno distrutto: ci troviamo a 57 anni sen­za lavoro e il rischio di perdere la casa. Non abbia­mo diritto alla pensione perché troppo giovani e non troviamo lavoro a causa dell’età. Non abbia­mo mai chiesto niente allo stato abbiamo sempre lavorato e pagato le tasse e adesso siamo abbando­nati: non sappiamo come andare avanti e alla fine viene la disperazione che ti porta a fare gesti estre­mi. C’è lo sconforto, visto che ti devono pagare le spese i genitori ultraottantenni. Io sono più ottimi­sta ma mio marito ogni tanto dice: «Che devo fare? Buttarmi sotto un treno?». 
Clara (Pescara) 

Lo Stato non paga in tempo, noi non possiamo sgarrare

Lavoriamo esclusivamente con la Pubblica amministrazione e i problemi sono sempre quelli dell’insolvenza della Pa a ogni livello.Fattu­riamo 1.000, incassiamo 100 e dobbiamo pagare le tasse su 1.000,com’è possibile andare avanti in questo modo? Possiamo mettere in sospeso solo l’Iva, ma il resto dobbiamo anticipare allo Stato ciò che lo Stato ancora non ci ha dato. Non solo. L’Agenzia delle entrate ci chiede di rispettare i pa­rametri di congruità, ma quali? Se è la Pa la nostra unica committente che ci chiede continue ridu­zioni di costi... Il dramma è che se fatturiamo 1.000 ed incassiamo 100, gli incassi non bastano né a pagare le tasse né i contributi dei dipendenti e immancabile arriva Equitalia pignorando ogni bene. La soluzione? Due possibili: 1) O la Pa fa compensare tra il dare e l’avere con gli stessi inte­ressi che applica Equitalia; 2) Un condono per quelle aziende che sono in crisi a causa dell’insol­venza della Pa. Le piccole imprese e gli artigiani sono stati abbandonati dal centrodestra che ini­zialmente si era fatto paladino dei nostri interes­si. Befera è stato, invece, il nostro «giustiziere». Si parla di noi piccoli solo quando succede qualco­sa, ma quanti morti ci devono ancora essere per capire che bisogna fare qualcosa? Solo il Giornale parla di noi, il Pdl non ne parla più.

 
Raffaele V.

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