Stefano Zurlo
da Milano
Due giorni al mese a casa, nella sua abitazione di Tavarnelle, nei dintorni di Firenze. Da qualche tempo Adriano Sofri lascia regolarmente il carcere di Pisa per trascorrere brevi periodi con la sua famiglia. E presto potrebbe addirittura ottenere un incarico alla Normale di Pisa, una delle più prestigiose università italiane, forse alla biblioteca della blasonata istituzione. La notizia trapela mentre è in pieno svolgimento il duello fra Quirinale e ministero della Giustizia sulla concessione della grazia a Ovidio Bompressi e, indirettamente, proprio a Sofri. Carlo Azeglio Ciampi, dopo avere temporeggiato per sette mesi, ha rotto gli indugi chiedendo alla Corte costituzionale di riconoscergli una volta per tutte il potere di restituire la libertà; Roberto Castelli, contrarissimo alla linea della clemenza, ha risposto per le rime sostenendo che una vittoria del Quirinale «avrebbe effetti devastanti».
In questa situazione di tensione e di lacerazione istituzionale, Sofri compare allimprovviso ieri pomeriggio a Cavriglia, delizioso borgo in provincia di Arezzo. Arriva a bordo di una Saab blu guidata da un parente, poi scende in campo per la partita di calcio fra la Tnt artisti toscani e la squadra dei consiglieri regionali. Lex leader di Lotta continua gira senza problemi, senza scorta, senza agenti intorno. È libero. Lui non commenta, ma risponde con una battuta calcistica: «In realtà gioco da mezzo libero». Sofri disputa la partita, organizzata da Enzo Brogi, sindaco del comune, intanto si scopre che ha iniziato quello sganciamento soft dal Don Bosco e dalla vita da recluso: 48 ore al mese. Del resto, Sofri è in carcere da più di otto anni, dal 24 gennaio 1997 quando è diventata definitiva la condanna a 22 anni per il delitto Calabresi. Ha scontato più di un quarto della pena, i benefici previsti dalla legge Gozzini scattano automaticamente.
Dunque, anche per lui si apre uno spiraglio, mentre Bompressi prosegue il suo percorso ad ostacoli fra sospensioni della pena, passaggi in carcere, arresti domiciliari. In questo momento Bompressi, minato da una grave forma di anoressia e dimagrito fino al punto di rischiare la morte, è blindato in casa, ma nel marzo 2007 i giudici faranno di nuovo il punto sulla sua situazione. Insomma, per tutti e due va avanti un faticoso cammino, lo stesso che accomuna i 59mila detenuti italiani, e il lento ritorno alla normalità. In parallelo, si svolge invece la battaglia, ormai esplicita, fra Ciampi e Castelli: una guerra che, in un modo o nellaltro, verrà risolta dalla Corte costituzionale nei prossimi mesi, forse dopo lestate. Ciampi sostiene che il potere di concedere la grazia è di esclusiva pertinenza del Quirinale, Castelli ribatte che la decisione, e dunque la conseguente responsabilità, devessere condivisa dal ministro della Giustizia e dal Quirinale. Insomma, secondo questa scuola di pensiero il potere sarebbe duale. Solo che Castelli è contrario ad un provvedimento di clemenza sia nei confronti di Bompressi, che pure ne ha fatto richiesta, sia di Sofri che invece non ha mai domandato nulla.
Sofri, intanto, ha ottenuto i primi permessi nel gennaio 2005. Ora, può tornare a casa. E presto potrebbe ottenere un prestigioso incarico alla Normale di Pisa. Lavorerebbe in biblioteca. In questo caso, il passepartout sarebbe larticolo 21 che regola il lavoro esterno. «Sofri è ormai arrivato ad un terzo della pena - spiega lavvocato Ezio Menzione - e la sua buona condotta gli consente di usufruire di alcuni permessi che in un primo momento si limitavano al solo territorio del comune di Pisa, da qualche tempo arrivano fino a Firenze, dove si trova la sua abitazione». Per Castelli, «il permesso è previsto dalle leggi vigenti.
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