La solitudine californiana in una pellicola capolavoro

La solitudine californiana in una pellicola capolavoro

Insolitamente cattivo, Crash («Scontro») di Paul Haggis appartiene al filone di America oggi di Altman e di Magnolia di P.T. Anderson. A scontrarsi sono auto, persone, classi e razze. La novità è che i buoni non sono così buoni e i cattivi non così cattivi. Con la sua verosimiglianza nel raccontare il disagio di vivere e morire a Los Angeles, Crash pare un film europeo girato negli Stati Uniti. Ma non lo è e va visto con particolare attenzione, quando ormai le tv - in Italia - presentano la California come un conglomerato di liceali dediti al surf, al petting e al fucking. La sola debolezza di Crash è concentrare tutto in trentasei ore, inclusa una nevicata natalizia più simbolica che realistica (si ricordano due sole nevicate nella storia di Los Angeles). Ma non è determinante. Determinanti sono solitudine e disperazione sobriamente rappresentate.

Il poliziotto «razzista» di Matt Dillon, che salva la vita alla sua «vittima» (Thandie Newton), è da storia del cinema; il poliziotto in crisi di Don Cheadle e la ricca in crisi di Sandra Bullock sono da Oscar.


CRASH di Paul Haggis (Usa, 2005), con Matt Dillon, Sandra Bullock, 107 minuti

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