Sollima: «Per lui ho composto la mia musica sul set»

da Milano

Giovanni Sollima è rock. Oddio, lui compone e suona per i grandi della classica, da Yo Yo Ma a Riccardo Muti. Ma con il suo strumento - un violoncello del 1679 - si sporca le mani e lo fa piangere e ridere, gli tira fuori l’anima come se non ci fossero barriere, tra loro. Infatti dice: «Io compongo con la clava, da qualche anno soprattutto sono libero, mi sono liberato da istituzioni pesanti come il leggio o lo spartito». E così facendo, ha pensato anche il brano per Palermo shooting di Wim Wenders: è andato sul set, si è piazzato lì e giù con le note.
Caro Sollima, un modo insolito di suonare.
«E invece è molto semplice. Sarebbe stato più complesso e meno immediato se l’avessi composto a casa, in studio di registrazione o in un altro luogo. L’ho fatto dove stava nascendo il film».
Com’è Wim Wenders?
«Lui lavora quasi sempre senza sceneggiatura. E per questo film mi ha proposto anche un contratto da attore e infatti recito in qualche scena. Voleva girare Palermo com’è in realtà».
E c’è riuscito?
«Io sono nato a Palermo e la conosco bene. Mi sono accorto che lui l’ha rallentata, ha creato una sorta di dimensione onirica in cui noi, gli attori, siamo quasi fantasmi».
Che sorpresa.
«Wenders è così, praticamente un genio. Noi a Berlino viviamo nella stessa zona, a Prenzlauer Berg, che una volta era Berlino Est. Mi ricorda Palermo, quel posto, con tutte quelle vecchie fabbriche che sembrano venire da un’altra epoca...».
Anche nel suo nuovo album We were trees (edizioni SonyBmg) c’è un miscuglio di epoche.
«Da qualche anno ho voglia di mescolare, ho voglia di unire il barocco e il rock, voglio indagare le possibilità melodiche del mio strumento».
In We were trees spunta anche Patti Smith.
«La sua è una voce che viene dalle viscere e si sposa bene con il mio violoncello, che talvolta sembra l’estensione di una chitarra elettrica».
Piange, ride, segue una curva emotiva.
«Tutto l’album è così, in realtà.

Quando componevo le canzoni, volevo seguire la struttura dinamica di un racconto».
In più non c’è elettronica.
«No, solo archi. E tutta la mia musica è stata composta a un livello preistintivo e libero, libero davvero».

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