La soluzione Amato: una «licenza» per i predicatori

Il ministro dell’Interno «Coinvolgere moderati nella scelta degli imam». Ma la Cdl vuole maggior rigore An e Lega: chiudere le moschee estremiste

La soluzione   Amato: una «licenza» per i predicatori

Roma - Imam autorizzati a predicare in moschea dagli interlocutori islamici istituzionali. Ad esempio la Consulta istituita dal Viminale. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato interviene da Berlino, dove si trova per un convegno. Il titolare del Viminale crede nel superamento di casi come quello dell’Imam di Torino attraverso un rapporto di collaborazione sempre più stretto con l’Islam moderato. «Occorre impedire che i giovani immigrati avendo difficoltà ad inserirsi nelle comunità europee si lascino sedurre da messaggi estremisti», dice il ministro che sottolinea come il problema sia assai complesso. Una strada, aggiunge, potrebbe essere quella di «un accreditamento degli imam da parte di interlocutori islamici».
Una proposta che suona simile a quella avanzata dall’ambasciatore Mario Scialoja, membro della Consulta per l’Islam. Se nei paesi nordafricani «si esercita un controllo stretto sulle moschee - dice Scialoja - perché non fare altrettanto in Italia?». Scialoja non si riferisce a «controlli di polizia» ma ad esempio a «testi scritti per i sermoni» in modo da evitare a priori qualsiasi accenno «a fanatismo e radicalismo».
Il fanatismo dell’imam di Torino non stupisce il senatore di Alleanza nazionale, Alfredo Mantovano, che evidentemente non lo considera un caso isolato. «In una moschea di Torino un imam predica odio e jihad: dov’è la novità? Anche i non addetti ai lavori - osserva il senatore - sanno che in troppe moschee e centri culturali islamici quelle immagini rappresentano scena di ordinaria vita quotidiana». Mantovano denuncia come nell’ultima legge finanziaria siano state drasticamente ridotte «le risorse destinate ai servizi di informazione e di sicurezza», mettendo sotto accusa anche «la mancanza di una informazione periodica al Parlamento da parte del ministro dell'Interno». Infine Mantovano stigmatizza «l’indifferenza verso la condizione delle donne inserite in Italia in comunità islamiche, spesso sottoposte al peggior assoggettamento». Sempre da Alleanza Nazionale si leva la voce critica di Giuseppe Valditara. «Sì al dialogo e all’integrazione ma soltanto per chi accetta i nostri valori Costituzionali - dice il senatore -. Dobbiamo invece essere inflessibili con chi fa di tutto per metterli in crisi».
Il livello di allarme è oramai altissimo per Roberto Calderoli, coordinatore della Lega Nord e vicepresidente del Senato. «Moschee e centri islamici di vario genere e varia natura vengono utilizzati, in realtà, come centri di aggregazione del terrore e del terrorismo, come luoghi dove si istiga all’odio e alla violenza, senza contare che questi centri operano spesso anche in assenza dei requisiti minimi per poter svolgere attività di questo genere». Per Calderoli è il momento di intervenire. «Dopo le recenti condanne a titolo definitivo per il reato di terrorismo internazionale nei confronti di persone che operavano in territorio nazionale, Amato deve verificare le attività di tutte, dicasi tutte, le moschee o centri islamici presenti sul nostro territorio - dice Calderoli -. Una volta effettuati questi controlli, procedere alla chiusura immediata di tutti quelli che suscitino anche solo il sospetto di essere sedi di attività eversive».
Il vicepresidente di Forza Italia, Isabella Bertolini invoca l’intervento del governo. «Cosa aspetta il ministro Amato - chiede la Bertolini - per chiudere quelle moschee, ormai troppe, dove il disprezzo della legge è diventata la norma? Basta con questa islamizzazione dell’Italia». Daniela Santanchè (An), da tempo impegnata per la difesa dei diritti delle donne islamiche annuncia un’interrogazione parlamentare urgente al presidente del Consiglio e al ministro dell’Interno.

«Occorre dar vita a un albo professionale degli imam italiani che abiliti ad esercitare il compito di guide spirituali nelle moschee solo a coloro che mostrano di condividere i valori di una società democratica», dice la Santanchè.

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