"Sono io la M di Diego M. Il lavoro? Cucito sulla famiglia"

Moglie e braccio destro del direttore creativo del marchio specializzato in capispalla: "Lui creativo anche in cucina"

"Sono io la M di Diego M. Il lavoro? Cucito sulla famiglia"

"Sono la M di DIEGO M" dice Manuela Bortolameolli, moglie, musa, modella, mano destra e a volte anche sinistra di Diego Mazzi, presidente e direttore creativo di questo brand specializzato nei capispalla: giacche, cappotti, piumini, faux fur e montoni. Felicemente sposati dal 1983, i due hanno tre figli Matteo, Andrea e Marta due nipotine adorate e un'azienda (a Castelnuovo del Garda, provincia di Verona) in cui tutti si chiamano per nome senza mai uscire dai ranghi del reciproco rispetto. "Abbiamo cucito il lavoro sulla nostra famiglia" spiegano aggiungendo che il marchio è in attivo, sta dando tante soddisfazioni a tutti e consente loro di coltivare le passioni condivise dal nucleo familiare tipo la musica, i viaggi e per la più giovane dei tre fratelli la recitazione. Per tutti parla Manuela esibendo con orgoglio la M di Mamma.

Cosa c'entrano musica e recitazione con l'azienda?

"A ben vedere niente ma mia figlia Marta fa l'attrice ed è molto brava mentre mio marito è creativo in tutto quello che fa, perfino in cucina, ma per la musica ha un talento naturale, una specie di orecchio assoluto con cui riesce a tirare fuori il suono giusto da qualsiasi strumento. Lui nasce batterista e poi ha la passione del canto per cui nelle occasioni speciali organizziamo anche dei concerti estemporanei in azienda. Ma se si mette al pianoforte alla fine lo suona, lo stesso succede se prende una tromba in mano e se la cava perfino con il contrabbasso. Durante un viaggio in Cina abbiamo visitato un museo dove c'era uno strumento a corde vecchio di 6.000 anni. Nessuno ne sapeva niente ma mio marito si è messo a suonarlo con naturalezza e i suoni non erano affatto sgradevoli. Ho seriamente temuto che ci arrestassero, ma anche i cinesi erano più stupefatti che arrabbiati".

Dove e quando vi siete conosciuti?

"Nell'81 al matrimonio di una mia compagna d'università. L'ho notato subito perché era molto bello oltre che in compagnia di una bellissima bionda. Mi sono detta Peccato, è già fidanzato ma poco dopo ho scoperto che la bella bionda era sua sorella e nel frattempo anche lui mi aveva puntata. Ci siamo sposati due anni dopo. Lui lavorava nell'azienda della sua famiglia che ha sempre fatto pellicce. È stato il primo a fare le pellicce reversibili e piumini leggerissimi foderati di pelo. Alla morte di mio suocero era necessario fare un passaggio generazionale e lui che all'epoca aveva 38 anni è arrivato a dirmi che si sarebbe messo a fare il contadino o il pescatore".

Lei come ha reagito?

"Gli ho risposto che avevo sposato un imprenditore, uno che esercita quotidianamente la sua creatività. Lavorare la terra è nobile e meraviglioso, ma a creare è la natura non chi zappa e semina. Detto questo mi sono messa a disposizione perché anch'io avevo una mia attività imprenditoriale. Essendo nata a Bolzano come tutti gli alto atesini sono fissata con la natura, l'ecologia, lo stile di vita bio. Per cui avevo fondato una piccola azienda che faceva prodotti naturali con il marchio Biohelp. Lavoravo bene con un team di ragazze appassionate come me. Ho detto a mio marito: Se vuoi lo cedo e vengo a lavorare con te. Così è stato e 20 anni dopo il nostro matrimonio abbiamo cambiato vita".

Ma lei cosa sapeva di moda?

"Poco o niente, però avevo una discreta competenza commerciale e poi ero abbastanza portata al marketing e alla comunicazione. Insomma mi sono ritagliata il mio angolo. Adesso lo aiuto anche nella selezione dei capi da produrre perché lui crea a getto continuo e considera ogni capo che esce dalla sua testa irrinunciabile come un figlio. Io sono quella che dice questo sì, no questo è troppo, la persona su cui prova tutti i prototipi e fa il cosiddetto sdifettamento. Rappresento le donne normali che si vogliono vestire in modo speciale".

Quanti capi producete all'anno?

"A occhio e croce direi 50mila ma è più importante dire che le nostre collezioni invernali hanno almeno 150 modelli diversi e quelle estive 120. È tantissimo perché non facciamo vestiti, gonne, pantaloni o maglieria, ma solo ciò che sta sopra".

Avete un best seller?

"Da 5 anni facciamo un piumino che è come una mantellina da chiudere con un bottone ma con le zip laterali per cui il collo si apre a tulipano. È sempre in testa alle classifiche di vendita. E poi c'è il Bridge che davanti è un classico cappotto a vestaglia e dietro un lungo e caldissimo piumino. Prima lo chiamavamo Melania ma poi ci han fatto notare che è un capo-ponte tra l'eleganza del paltò e la praticità del duvet".

Date i nomi a tutti i modelli?

"A volte capita. Per esempio abbiamo una lunga pellicciona in faux fur che chiamiamo lo Yeti. Tutti i capi conservatori, con le tasche, nei colori tipo verde loden si chiamano Merkel. A volte li chiamiamo come le nostre collaboratrici. Per esempio in tutte le collezioni c'è il capo Oxana perché lei ogni anno ha un pezzo preferito, lo fa vedere a tutti, lo racconta con enorme trasporto. Poi c'è il capo Wow perché ha le tasche in pelliccia che si possono staccare e durante una presentazione agli agenti una modella se le è messa sulle orecchie e sembrava una coniglietta. In sala tutti gli uomini hanno fatto Wow".

Dove vendete?

"Dove fa ancora freddo. Nei Paesi dell'Est europeo compresa l'Ucraina e la Russia dove per altro rispettiamo rigidamente la regola del prezzo massimo di sell in 300 euro. Nel sud dell'Europa facciamo poco o niente ma in Germania, Polonia, Norvegia, Svezia, Danimarca andiamo piuttosto bene. Facciamo qualcosa in Corea, Kazakistan, Azerbaijan. Siamo forti in Canada, mentre in America non siamo ancora riusciti a sbarcare".

Due dei vostri figli lavorano con voi, non è un po' troppo avere un così stretto rapporto tra casa e bottega?

"Io credo sia uno dei nostri punti di forza.

Quando guardo i nostri prodotti li trovo normali e al tempo stesso speciali, cioè portabili anche da chi non ha un fisico da modella e una vita da red carpet, ma in ogni caso riescono a rendere speciale chi li indossa. Una bella famiglia italiana è la cosa più comune e straordinaria che ci sia".

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