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«Sono prigioniero vorrei cambiar faccia»

Valentino, campione, neo dottore, icona mediatica, ma anche uomo in cerca di libertà: «Magari a fine carriera cambio i connotati»

L’altro ieri Valentino Rossi è diventato dottore, laurea honoris causa in Comunicazione e pubblicità. Per molti è l’icona mediatica del nuovo millennio, per molti altri lo sportivo più conosciuto al mondo.
Scusi, dottore, quand’è stata l’ultima volta che qualcuno non l’ha riconosciuta?
«In Italia non me lo ricordo più, mi sembra non sia mai successo».
E che sensazione le dà essere scrutato da questo Grande fratello del tifo?
«Non mi piace, non è una cosa bella, cioè: è bella all’inizio, ma strada facendo diventa molto pesante. Cammini, ti muovi e tutti guardano, tutti cercano di capire che cosa stai facendo, dove stai andando, con chi sei».
I miliardi che guadagna la ricompensano della libertà perduta?
«I soldi sono molto importanti, meglio averli. Bugiardo chi dice il contrario. Però la libertà che non ho più non è qualcosa che puoi ripagare con il denaro. Le faccio un esempio: con i soldi ti puoi comprare una casa gigante e meravigliosa dove metterci dentro tutto ciò che vuoi. Problema: ma a che ti serve, se poi non sei neppure in grado di andare a prendere un gelato con gli amici in centro? Per il momento, a Londra, se sono fortunato e non trovo turisti italiani in giro, riesco almeno a far due passi, ma se becco la scolaresca in gita, per me è la fine. Pam! Sono rovinato».
Un vero incubo?
«Sì. Ti mancano cose che mai avresti pensato: da anni, ormai, mi sono dimenticato l’effetto che fa scendere dall’auto nella piazzola di un Autogrill. Anni fa, ero agli inizi, proprio al bar di un Autogrill vidi Roccia, la guardia del corpo di Vasco Rossi: “Roccia che ci fai qui? Dov’è Vasco?” gli chiesi. “È in macchina, non può scendere sennò è finito”, rispose. Caspita, pensai, che sfiga, è prigioniero. Ora sono come lui».
Tra le leggende su Elvis Presley, una racconta che non sia morto ma che gli siano girate le scatole e ad un certo punto, proprio per tornare ad avere una sua libertà, abbia cambiato faccia e sia sparito. Se fosse vero, lo comprenderebbe?
«Sì, comincio a capirla una scelta del genere. Se non erro, anche Battisti andò in paranoia e non si fece più vedere. Se Elvis ha fatto davvero così, è stato uno con le palle. Però non sarebbe male a fine carriera, potrebbe essere un’idea da riprendere».
C’è chi ha il doppio dei suoi anni, magari anche il triplo e cerca ancora il suo obiettivo. Lo invidia o le spiace per lui?
«No, mi dispiace per lui. La consapevolezza di aver realizzato il sogno della tua vita, anzi, la certezza di essere andato oltre, ti dà il buonumore. Sempre. E di fronte a certe privazioni penso con fierezza: però se fossi andato più piano non avrei questi problemi».
Ha parlato di vita: il suo casco ha il sole e la luna. Il sole e la luna della sua vita?
«Il sole e la luna sono il mondo, sono i due lati del mio carattere: quello di Valentino persona che è più sole che luna e quello di Valentino pilota, più luna che sole».
Il sole e la luna, per lei, oggi?
«Il sole e la luna di oggi? La luna è gli impegni promozionali e le conferenze stampa... e poi, soprattutto, quel ripetere sempre le stesse risposte alle stesse domande: è una cosa che mi fa diventare come Jack Nicholson in Shining quando scrive “il mattino ha l’oro in bocca” e impazzisce. Insomma, è come se il cervello mi andasse in looping e non capissi più un cavolo. Il sole, invece, è quando vado a parlare con la mia squadra, i miei meccanici. Nella giornata normale è invece il contrario: il sole diventa la luna e la notte diventa il mio sole. Perché di giorno io non posso più fare nulla».
Il sole e la luna nella donna che ama?
«Le donne hanno sempre diversi soli e diverse lune. La luna di una donna spunta quando si mette in testa di diventare una rompi coglioni... è la cosa che le viene meglio, ma lo fa per scelta, capito? Questo vale per tutte, anche per la mia mamma. Il sole di una donna è tanto, è immenso, può darti il mondo una ragazza simpatica e intelligente».
So chi è la sua fidanzata, so dove vi incontrate, ma non le chiedo nulla. Pessimo giornalista?
«No, grande amico».
C’è qualcosa di romanzesco nella sua vita: papà Graziano, campione ma non troppo; la giovinezza sulle colline di Tavullia; e poi il suo nome. Si sente un personaggio uscito da un libro?
«Delle volte sì, mi piace pensarlo. Credo di essere la finalizzazione di Graziano (suo padre lo chiama sempre per nome): nel senso che sono riuscito a portare a termine ciò che lui aveva iniziato. Graziano è stato un campione, è stato grandissimo ma gli è sempre sfuggito il mondiale, gli è sempre mancata la soddisfazione di essere il più forte, perché ha sbagliato, è stato sfortunato e poi si è fatto male. Conosce la storia del cyborg? Ecco, io sono il modello dopo che però è riuscito a mantenere i grandi pregi di quello precedente, di Graziano: cioè il suo modo di prendere la vita e le corse con un sorriso. Ed è per questo che, alla fine, la gente mi vuole bene o comunque si diverte guardando le mie gare. Poi è vero: Tavullia è fiabesca. E Valentino è un nome fantasioso che messo assieme a Rossi, così comune, rappresenta la fantasia unita a normalità e razionalità».
Lei ride, scherza, aggredisce, sfotte. E piangere? Non piange mai?
«Non mi viene naturale. Non mi succede quando vinco e neppure quando tutto va storto. Invece, incredibile, piango a fontana se guardo un film. L’ultima volta mi è successo al cinema. Stavo guardando Il Gladiatore e sono uscito dalla sala che proprio mi vergognavo: ero a pezzi e continuavo a piangere... Fortunatamente c’era poca gente, ma ho veramente pianto così “uahhh uahhh, uahhh” a singhiozzoni; tra l’altro, con gente che proprio non si era scomposta e mi guardava come fossi matto».
Mai fatto a botte?
«No, no. Non sono un tipo rissoso».
Lei è interista: parli dei tifosi violenti, parli della squadra.
«Non concepisco la violenza. Alla fine è solo una partita di calcio. Semmai, comprenderei se fosse il giocatore stesso, arrabbiato per aver giocato male, a spaccare qualcosa, a prendere a calci la propria auto o a incendiarla».
La sua Inter tornerà a vincere qualcosa che conti?
«Voglio credere che prima o poi riesca a trionfare anche perché sento che caratterialmente mi è vicina.Diciamo che faccio il tifo perché un giorno assomigli a me».
A fine anno, tre nomi che si giocheranno il mondiale MotoGp?
«Rossi, Gibernau, il terzo non so se ci sarà. Adesso come adesso, dico Melandri».
A fine 2006 tre nomi che vorrebbe vedere in lizza per un posto alla Ferrari?
Ride. «Non voglio parlare di Ferrari e F1 e del mio futuro».
Parli di altri che vorrebbe vedere sul Cavallino.
«Alla Ferrari vedrei molto bene Raikkonen. Mi piace, perché è un pilota molto veloce e poi, dopo che si è ubriacato, dopo che ha fatto lo spogliarello (ballando su un tavolo di un pub) e l’hanno portato via... beh, mi sta molto simpatico. Lo preferisco su tutti. E stato bravo a divertirsi così; secondo me ha fatto una cosa bella... anche se, forse, ha un po’ esagerato. Altri piloti in Ferrari non saprei... spero non Alonso, preferisco Kimi».
E questa Ferrari che arranca, tornerà ad assomigliare a lei?
«Il problema sono le gomme. Mi spiego: se la tua moto va un pelo più piano puoi riuscire a vincere; se guidi un pelo peggio, puoi ancora riuscire a vincere; però se le gomme non sono al livello delle altre, non c’è proprio niente da fare. E in auto è ancora peggio. In più, loro, sono rimasti i soli con le Bridgestone, per cui, anche a livello dei dati che ricevono dai test, rispetto agli altri sono troppo svantaggiati. Sarà dura quest’anno per la Ferrari».
Non ha detto «mia». Magari l’ha pensato.

Magari con Raikkonen: il sole e la luna.

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