«Sono stata musa di Totò Oggi rido con Zalone»

L'attrice è stata a fianco del principe De Curtis in 11 film: «Amava le donne e una per lui si suicidò. Era travolgente sul set, schivo e freddo in privato»

di Nino Materi

Luisita «Isa» Barzizza è bonariamente risentita con il signor Wikipedia che, su di lei, scrive quanto segue: «Attrice italiana, considerata una delle più importanti interpreti della rivista, del cinema e della televisione italiani». E, fin qui, tutto bene. Ma, nelle righe successive, ecco la caduta di stile: «Figlia del famoso direttore d'orchestra Pippo Barzizza e della di lui consorte Tatina Salesi, studiò al Liceo Classico Vincenzo Gioberti di Torino e iniziò parallelamente a partecipare a rappresentazioni teatrali di prosa in ruoli secondari».

«Secondari un corno». La realtà è che oggi Isa Barzizza, 86 anni ancora pieni di fascino ed eleganza, è rimasta (dopo la morte quest'anno sia di Franca Faldini sia di Silvana Pampanini) l'unica attrice-musa di Totò in grado di raccontarci i segreti del principe della risata.

Con Antonio De Curtis, infatti, Barzizza ha girato ben 11 film. Una carriera ricca di soddisfazioni spezzata da una terribile tragedia (la morte del marito 36enne in un incidente stradale). La soubrette che l'Italia intera amava decise allora di dedicarsi a tempo pieno alla figlia di due anni.

Rimpianti per quella scelta?

«No. Crescere mia figlia è stata una gioia. Anche se...».

Anche se?

«Fare l'attrice è sempre stato il mio più grande desiderio. Fin da bambina le recite mi esaltavano. Cominciavo a scuola e continuavo nel salotto di casa. Tanto che un amico di mio padre che lavorava alla radio lanciò la proposta: Perché non facciamo recitare Isa in una vera compagnia teatrale?».

Quando avvenne il suo esordio in palcoscenico da vera interprete?

«A otto anni».

La sua prima grande emozione sul palco?

«Nella compagnia dei De Filippo. Entravo in scena e prendevo un pasticcino da un tavolo pieno di dolci, purtroppo finti. Il grande Eduardo, a questo punto, mi veniva incontro, mettendomi una mano sulla spalla. Quel gesto ogni sera mi faceva piangere. Il pubblico pensava che facesse parte del copione, invece erano lacrime spontanee».

Il primo grande complimento?

«Me lo fece proprio Eduardo, dicendomi: «Isa, sei proprio brava. Domani ti porto a Bologna. Fu di parola. Invitò me e mia madre in un lussuoso ristorante. Mi sentivo inebriata di gioia. Lì mi convinsi che avrei continuato a recitare».

Ma suo padre era d'accordo?

«Qui cominciano le dolenti note».

In che senso?

«Mi ero appena diplomata al liceo classico. Avevo 18 anni. In casa si presentò Macario, chiedendo a mio padre il permesso per ingaggiarmi nella sua rivista. Io ero pazza di felicità, papà era contrario. Tra me e lui cominciò un lungo tira e molla al termine del quale la spuntai io. Ma a una condizione».

Quale?

«Papà fu irremovibile. Pretese che fino alla maggiore età (a quell'epoca si diventava maggiorenni a 21 anni) durante le tournée avrei dovuto tenere a fianco una governante che mi sorvegliasse. Divenni così la prima e unica soubrette al mondo con controllatrice al seguito. E sa chi pagava vitto e alloggio alla donna che mi stava sempre alle calcagna?».

Suo padre?

«No. La mantenevo io con i miei soldi. Furono tre anni di torture. Allo scoccare del 21esimo compleanno guadagnai finalmente la libertà affrancandomi da quella presenza incombente».

Nel frattempo su di lei aveva messo gli occhi anche Totò.

«Con lui esordii nel '47 nel film I due orfanelli. Fu l'inizio di una lunga collaborazione che ci portò a girare insieme ben 11 film».

Con lei Totò fece mai il cascamorto?

«Mai. Totò era con le donne di un'educazione e di una correttezza esemplari».

Eppure aveva fama di gran sciupafemmine.

«Le donne gli piacevano, e non escludo che si sia concesso qualche scappatella. Ma è sempre rimasto un uomo con un gran senso della moralità. Era innamoratissimo della moglie Diana. Della quale era folle di gelosia».

Leggenda narra che spargesse borotalco davanti alla porta di casa per vedere se, in sua assenza, rimanessero impronte «sospette»

«Non è una leggenda. È tutto vero. Così com'è vero che mettesse dei fogliettini nelle intercapedini delle porte».

Ma lei conosce il segreto della canzone Malafemmina? C'è chi sostiene che Totò l'abbia scritta per la moglie Diana, altri che l'abbia composta per Silvana Pampanini con la quale aveva avuto un breve relazione.

«Malafemmina l'aveva dedicata alla moglie Diana dopo che lei lo aveva tradito con l'avvocato di famiglia, tra l'altro un vecchio amico di Totò. Ma, in verità, il termine malafemmina non fu mai usato da Totò come un insulto, ma come specchio di un sentimento di delusione da parte di un marito ancora innamorato».

Un'altra storia che segnò molto la vita sentimentale di Totò fu il suicidio di Liliana Castagnola.

«Era una chanteuse che con Totò ebbe un breve flirt. Lei voleva che lui la sposasse. Quando capì che il sogno non si sarebbe mai potuto avverare, si avvelenò».

Lei è entrata nella storia del cinema comico come interprete femminile del mitico sketch del vagone letto con Totò e l'«onorevole Trombetta».

«Una scena-icona che all'inizio, a teatro, durava pochi minuti. Ma che poi, grazie all'enorme successo, finì con l'occupare quasi l'intera commedia».

Lei in quello sketch era particolarmente sexy.

«Tutto merito dei pizzi neri della guêpière».

Totò e l'«onorevole Trombetta» la guardavano con certi occhi ...

«Nei film con Totò non c'era mai volgarità. Mai una parolaccia. Piuttosto tanti geniali giochi di parole».

Se ne ricorda uno con lei protagonista?

«Nel film Un turco napoletano, Totò interpreta un eunuco che in realtà è però un gran mandrillo: lui si avvicina a me e, stringendomi voluttuosamente, mi dice: La donna è mobile... e io mi sento mobiliere».

Liliana, la figlia di Totò, sostiene che la figura dell'onorevole Trombetta fosse ispirata ad Andreotti.

«Non so. A quei tempi gli uomini politici erano degli oggetti misteriosi di cui nessuno sapeva nulla. Durante lo sketch del vagone letto ho assistito comunque a situazioni incredibili».

Del tipo?

«Spettatori che cadevano dalle poltrone per le troppe risate. Componenti della troupe con le lacrime agli occhi. Anche per me era difficile rimanere seria». 1

Un principe malinconico in privato, dall'ilarità scatenata quando era in scena.

«È vero. Esistevano due Totò diametralmente opposti che convivevano nella stessa persona. Un schivo, formale e quasi umanamente freddo; e uno dal calore travolgente. Quando era nel suo palazzo prevaleva il primo, quando era sul set esplodeva il secondo».

Totò aveva la fissa della nobiltà.

«Era un appassionato di araldica. Non so se i suoi innumerevoli titoli nobiliari fossero veri o inventati. Certo è che il principe Antonio De Curtis, almeno nell'animo, principe lo era davvero».

Chi è oggi l'erede di Totò?

«Ma vuole scherzare? Lui era di un altro pianeta».

Ma sul nostro pianeta chi è un attore che la fa ridere?

«Checco Zalone».

Va spesso al cinema?

«A Palau, il paese in cui vivo in Sardegna, c'è un'unica sala e di film di autore se ne vedono pochi. Mi tocca allora prendere l'auto ed andare ad Olbia».

Lei ancora oggi interpreta fiction e film. Il brivido del ciak non va mai in pensione.

«Quando mi chiamano e le sceneggiature mi convincono, accetto con piacere. Sui set sono tutti molto gentili. Mi accompagnano ovunque».

Impossibile non essere cortesi con una musa...

«Mhhh. Temo che la verità sia un'altra».

E cioè?

«Forse regista, attori e troupe temono che, alla mia età, possa cadere. E così rovinare il regolare svolgimento delle riprese».

È così cinica la gente di

spettacolo?

«Scherzo. Essere circondata da attenzione e affetto mi fa piacere. È una sensazione strana: mi sembra di essere tornata bambina. Con mia figlia che, ogni volta che esco, si raccomanda: Stai attenta e torna presto».

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