Roma

Sorpresa: il povero parla romano

Interi nuclei familiari italiani in strada e per anni nei centri di accoglienza, immigrati più intraprendenti

Monia Baldascino

Almeno seimila persone non hanno un tetto sotto cui dormire, altrettante vivono in stato di precarietà o sono ospiti in ricoveri di fortuna: Roma è una città sempre più povera e i dati raccolti dalla Caritas dipingono un fenomeno in espansione che cambia faccia. Perché, da un po’ di tempo a questa parte, la povertà non interessa più solo uomini anziani e soli, ma anche molte donne e interi nuclei familiari.
Questa la preoccupante novità: attualmente nella capitale ci sono 1.273 famiglie che vagabondano da un posto all’altro e passano la notte nei giardini o nelle auto. I più fortunati trovano spazio in «insediamenti informali», come quello che si è sviluppato nell’ex stabilimento della Snia sulla Prenestina dove risiedono circa 600 persone.
Alla fine degli anni Novanta si contavano appena 250 gruppi familiari costretti per la strada. La crescita esponenziale, verificatasi in breve tempo, dà il polso della società attuale: «Oggi non esistono più gli ammortizzatori sociali - spiega Roberta Molina, operatrice della Caritas diocesana di Roma -. Il lavoro si perde con facilità, sono sempre meno le case di proprietà, sempre meno i nonni in grado di dare una mano». Alle famiglie monoreddito a volte basta un incidente di percorso, come la malattia di un figlio o una spesa sbagliata, per ritrovarsi sul lastrico. «C’è chi - continua Roberta Molina - è finito nelle mani degli strozzini e non si è più rialzato per cifre irrisorie. Succede se nessuno è disposto ad aiutarti». Nella città sono sorte diverse «case famiglia» che accolgono coppie con bambini e ragazze madri, ma purtroppo i centri esistenti faticano a soddisfare un fabbisogno crescente. C’è un altro cambiamento che va sottolineato: la povertà è un fenomeno sempre più italiano. Stando alle cifre della comunità di Sant’Egidio riguardo l’attività della mensa di via Dandolo, il numero degli immigrati che nel 2004 hanno utilizzato per la prima volta la struttura è diminuito del 19% rispetto l’anno precedente, mentre quello dei romani è salito del 14. Inoltre, mentre il 32% degli stranieri frequenta il centro d’accoglienza per un periodo fino a 3 mesi, per i nostri connazionali appare più difficile uscire dalla condizione di disagio: almeno il 28% di loro rimane cliente della mensa per più di 4 anni. Altro elemento rilevante: nell’identikit del nuovo povero l’età media si è abbassata attorno ai 40 anni e negli ostelli è sempre più frequente incontrare ventenni. La tipologia del problema cambia nella città di zona in zona. In centro ci sono molti «punk-bestia» con animali al seguito o barboni che frequentano la stazione Termini dove opera una rete di assistenza per disagiati che offre pernottamento, pasti, vestiti, visite mediche, la possibilità di avere un recapito postale o la residenza anagrafica, servizi di lavanderia; anche i senza fissa dimora che non vogliono avvicinarsi ai centri d’accoglienza vengono raggiunti dai volontari.

Nei municipi periferici, dove invece mancano queste strutture, le situazioni di vagabondaggio sono più rare, ma in compenso sono molti i cittadini che vivono di sussidi o di assistenza pubblica e occupano cantine: povertà familiari, vissute in silenzio tra le mura di casa, che danno vita al nuovo fenomeno del «barbonismo domestico».

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